All’inizio degli anni ’80 la Nasa invia nello spazio una capsula contenente la registrazione di un campionato mondiale di videogiochi. All’epoca Sam Brenner (Adam Sandler) è un ragazzino frequentatore abituale delle sale giochi, e durante quel campionato mondiale viene sconfitto per un soffio. Gli anni passano e quello che, originariamente, voleva essere un messaggio di pace nei confronti di eventuali extraterrestri, viene recepito da questi ultimi come una dichiarazione di guerra.
Queste sono le premesse di Pixels,che già dai primissimi trailer ha fatto breccia nel cuore dei nostalgici delle sale giochi anni ’80. E il motivo è presto detto: per attaccare la Terra gli alieni inviano creature modellate a immagine e somiglianza delle icone del periodo, tra cui Pac-Man, Space Invaders, Donkey Kong. Ovviamente toccherà proprio al più classico degli “uomini qualunque”, Sam, difendere la Terra dall’estinzione, e dimostrare così al mondo (e a se stesso) il proprio valore.
A firmare la regia è Chris Columbus, uno tra i più celebri epigoni di Steven Spielberg e autore, tra le altre cose, di Mamma ho perso l’aereo e dei primi due film di Harry Potter. Il tratto che caratterizza la poetica di Columbus, passando dalle prime sceneggiature (Gremlins, I Goonies) agli ultimi film, è la grande attenzione dedicata al mondo dell’adolescenza, visto – e qui si sente l’influsso di Spielberg – come bacino di avventure inesauribili.
Non c’è da stupirsi, quindi, che il film si apra con dei protagonisti bambini, e che, anche una volta cresciuti, essi mantengano un modo di fare spiccatamente infantile. Persino il migliore amico d’infanzia di Sam, divenuto addirittura presidente degli Stati Uniti, è più simile a un bambinone troppo cresciuto che a un severo burocrate!
Il tono di Pixels si assesta sin da subito a metà tra il film “di formazione” anni ’80 e lo humour leggero contemporaneo, avvicinandosi vagamente alle commedie britanniche di Edgar Wright, seppur senza raggiungerne le vette. Il rischio di trattare un argomento così originariamente “di nicchia” (anche se ormai diventato quasi cult) in una produzione ambiziosa è sempre quello di banalizzare lo spunto originario per adattarlo a un pubblico di profani. Nessun problema, però, perché Pixels parla al cuore degli appassionati di cabinati con una complicità e una cura incredibili, ma al tempo stesso riesce anche a essere un’ottima commedia di fantascienza a sé stante.
Visivamente parlando, poi, la natura “pixellosa” degli invasori ben si integra con le scene d’azione, e il 3D risulta insospettabilmente efficace. Le poche ma lunghe scene d’azione, tra cui un disperato inseguimento di Pac-Man tra le vie di New York, riescono a restituire perfettamente l’adrenalina del momento e l’idea di un mondo sull’orlo della distruzione. Il che non è facile, visto che gli invasori sono dei simpatici blocchetti colorati.
In sostanza, un film decisamente ben riuscito, divertente e citazionistico, con un cast di attori (tra cui Michelle Monaghan e Peter Dinklage) uno più sopra le righe dell’altro. Di certo farà la gioia di chi ha passato l’infanzia tra cabinati arcade, tasche piene di monetine e calli alle mani.