Tra filosofia, scienza e un grande occhio per il marketing virale, per Lost è arrivato il momento della verità. Alla sesta e ultima stagione, in partenza mercoledì su Fox, è ora di scoprire cosa si cela dietro ai misteri disseminati in sei anni di programmazione e vedere, una volta per tutte, se la macchina da guerra architettata da J.J.Abrams e dal suo staff è così ben costruita da non deludere le aspettative altissime dei fan.
«Questa storia ha un inizio, una parte centrale e una fine: annunciando esattamente quando la serie finirà, sarà possibile far proseguire la vicenda nella giusta direzione al giusto ritmo. Più che con lo schianto del volo Oceanic 815 su un’isola tropicale e con la storia dei suoi sopravvissuti, è con queste parole del produttore Carlton Cuse (quasi una dichiarazione di intenti) che Lost arriva sul piccolo schermo nel lontano 2004, portando con sé una prima nota di originalità: Lost non viene confermata, come ogni altra serie, di anno in anno (tenendo conto degli ascolti e del gradimento del pubblico, che comunque è sempre rimasto alto, nonostante un naturale calo dopo le prime due serie), ma è messa in cantiere sin dall’inizio come un prodotto composto da sei stagioni.
Questo dice già tanto sul metodo di lavoro dellideatore J.J. Abrams, capace di convincere la Abc non solo a produrre una serie a lunga gittata, ma anche una delle più costose della storia del piccolo schermo. Tuttavia, ridurre Lost a un’ottima operazione di convincimento del network o a una riuscita operazione di marketing sarebbe fare un torto alla serie che ha fatto riscoprire le potenzialità della narrazione seriale.
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Con un mosaico che intreccia senza sosta il passato e il presente della narrazione (ma anche il futuro), Lost si basa su una struttura dinamica e ben congegnata, dove lo spettatore scopre e riscopre continuamente le verità nascoste dietro ai personaggi che sono, in fondo, il cuore pulsante della serie.
È vero che ci sono i misteri dell’isola, ma è grazie soprattutto ai personaggi e ai rapporti che intercorrono tra loro che Lost accende continuamente l’interesse del pubblico. Ne sono un esempio il triangolo amoroso tra Jack, Kate e Sawyer, oppure il rapporto ambiguo tra Benjamin e Locke, entrambi colonne portanti della serie per la capacità che hanno di portare alla luce, in modo mai scontato, temi di grande profondità (l’amore, la fiducia, il potere, la dialettica tra fede e ragione).
Per la grande cura che gli sceneggiatori hanno riposto nelle psicologie (ancora prima che nei misteri), Lost si rivela una serie ricca di rimandi filosofici e religiosi, complessa dal punto di vista iconografico (numerosi i richiami ad antiche culture, ma anche al mondo moderno con particolare attenzione alla cultura popolare), tutti elementi che contribuiscono alla caratterizzazione dei personaggi, che acquistano, puntata dopo puntata, una familiarità con il pubblico e una tridimensionalità rare sia nel cinema che nel piccolo schermo.
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Un piccolo schermo che dimentica in fretta: gli anni Novanta scoprirono le visioni grottesche e gli orrori di provincia con Twin Peaks e il misterioso omicidio di Laura Palmer, che tenne incollato allo schermo milioni di persone nel mondo. Nella mente di Lynch l’assassino sarebbe dovuto rimanere ignoto anche a fine serie, ma la rete lo obbligò a rivelarne l’identità: gli ascolti crollarono di colpo, il mistero era svelato e il pubblico aveva perso l’interesse per la serie, che continuò ancora per qualche episodio.
Lost sembra aver fatto tesoro della gestione del mistero di Twin Peaks, moltiplicando per mille i segreti e rimandando all’infinito la rivelazione degli stessi, facendo dei cliffhanger (gli interrogativi rimasti aperti tra un episodio e l’altro) il punto di forza della serie. Guardare Lost è come essere trascinati all’interno di un meccanismo infallibile che non lascia scampo, che trattiene nelle tele della sua storia, che pretende dallo spettatore un’attenzione diversa, un lavoro di memoria complesso che gli consenta di unire tra loro episodi lontani, magari avvenuti addirittura nella prima stagione.
È con questa eredità che la sesta e ultima stagione arriva sul piccolo schermo, assumendosi l’oneroso compito di tirare le fila del discorso, spiegare i misteri disseminati nel corso degli anni e concludere le relazioni tra i personaggi. Non un compito semplice, quello di risolvere gli enigmi impossibili della serie senza deludere, ma da tempo gli sceneggiatori ci hanno abituato alla loro grande capacità di inventarsi soluzioni coerenti che tuttavia nemmeno i fan più accaniti avrebbero potuto immaginare. E siamo quindi di nuovo pronti a farci stupire.