François Ozon è un regista da sempre interessato agli slittamenti d’identità, esistenziali, sociali, psichici, sottendendo quelli di genere. Il sottinteso diventa esplicito in Una nuova amica, il film più recente del regista di Sotto la sabbia e Nella casa, una commedia che sarebbe semplicistico definire transgender e che pure rende l’idea del percorso emotivo e umano del film.
Protagonista è una ragazza che muore a inizio film, poco dopo la nascita di sua figlia, sconvolgendo la vita della sua migliore amica e del marito. I due cominciano a diventare amici e confidenti quando lei scopre che lui ama vestirsi da donna, non per passione omosessuale, ma per desiderio sublimato. L’amicizia tra i due cambierà i loro valori, la loro percezione di se stessi e del rapporto con gli altri.
Scritta dallo stesso Ozon, Una nuova amica è una commedia che gioca con i registri e le suggestioni, costeggiando il thriller vagamente hitchcockiano e il melodramma un po’ à la Almodòvar, ma soprattutto restando fedele allo spirito di una commedia psicologica.
Il metodo che il regista sceglie nel costruire il film è interessante per capirne il cuore stesso: ovvero spostare continuamente le attese e le attenzioni dello spettatore così come il nucleo esistenziale dei personaggi è in continuo mutamento. Dapprima la malattia dell’amica, poi la condizione “deviata” del marito, poi il turbamento dell’amica nel rapporto con una nuova donna che riporta all’attenzione tra le due ragazze dell’inizio. Un continuo slittare di senso della costruzione che racconta bene come Ozon rifletta sulla relazione tra percezione privata e percezione sociale, i due elementi che assieme allo sguardo – e quindi psicoanaliticamente al desiderio – costruiscono l’identità. Che in Una nuova amica è “di genere”, perché di sessualità si parla, ma che è estendibile in senso generale.
Riflessioni prevalentemente d’autore che Ozon è abile nel vestire di commedia, nel costruire con attenzione ai bisogni dello spettatore “medio” e alla capacità di incuriosire il pubblico senza morbosità, ma anche senza cali di qualità o scivoloni. L’unico neo di Una nuova amica forse però è nelle pieghe di questa abilità: per inseguire nella seconda parte l’evoluzione dell’intreccio e della costruzione narrativa, nel dare più credito all’esteriorità del film che al suo cuore, resta un po’ in superficie, a metà del guado, rischiando di lasciare a bocca asciutta lo spettatore più esigente.
Non tra i migliori Ozon, che negli ultimi anni ha avuto qualche battuta d’arresto e sembra in calo d’ispirazione, ma un passo avanti rispetto al precedente Giovane e bella – poemetto che travisava Bunuel in ogni modo possibile – e una conferma della capacità di Ozon come narratore e del suo talento nel casting e nella direzione: Romain Duris, il duro per eccellenza del cinema d’Oltralpe, è notevole e conturbante nel ruolo en travesti, Anais Demoustier è di una fragilità mutevole e commovente. E al suono della giusta canzone, ogni percezione può voltare: uno dei meriti di un film contraddittorio, ma comunque intrigante.