Non passerà alla storia del cinema, non sarà certo il migliore dei film di azione e non brillerà per gli effetti speciali, ma chi seguiva il telefilm A-Team negli anni Ottanta, o chi ne ha visto le recenti e continue repliche, non può non apprezzare la trasposizione cinematografica attualmente nelle sale. Soprattutto pensando ai mostri sacri del piccolo schermo ridicolizzati nel passaggio sul grande (per esempio Starsky e Hutch o Hazard).
Il film A-Team sviluppa due passaggi chiave di ogni puntata della serie: l’inizio e la fine. Ogni volta al telespettatore veniva spiegato che quattro soldati reduci del Vietnam avevano formato una squadra speciale per le missioni impossibili, una squadra che era possibile assoldare e che era ingiustamente accusata e ricercata dalla polizia militare. Ma come si è arrivati a questo? Il film, ovviamente traslato nel tempo di qualche decennio (quindi senza Vietcong o guerra fredda all’Unione Sovietica), ci dà una spiegazione.
Tuttavia il punto forte che regge la scrittura del film è la celebre frase di Hannibal Smith pronunciata con un cubano tra le labbra «Adoro i piani ben riusciti» che chiudeva ogni puntata. I circa 120 minuti di pellicola (che a dire la verità scorrono via senza particolari problemi) sono incentrati sull’ossessione della realizzazione di un piano perfetto per arrivare all’obbiettivo: ogni mossa calcolata al centesimo di secondo e al millimetro, con una perfetta coralità. Ma cosa succede quando qualcosa va storto? Ed è solo Hannibal a poter essere considerato la mente dell’A-Team?
Certo, gli effetti speciali non abbondano, ma ricordiamoci un attimo com’era la serie tv: il massimo di spettacolarità era la famosa jeep che si ribaltava dopo un’esplosione che ci veniva riproposta ogni volta nella sigla.
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E certo, vi sono altre debolezze nella pellicola. Si cerca per esempio di dare più forma ai personaggi, facendone vedere lati sconosciuti e punti deboli. Sforzo in parte apprezzabile e riuscito, ma comunque poco approfondito e non strettamente necessario per il tipo di sceneggiatura. E poi bisogna ammettere che gli attori che non sono gli originali fanno storcere un pò il naso. Ma qualcuno si ricorda, per esempio, che lo Sberla che tutti conosciamo non c’era nella prima puntata della serie?
Gli appassionati della genuina follia di Murdock non rimarranno delusi, anzi scopriranno qualcosa di più sul suo travagliato rapporto con PE Baracus (per esempio sul suo terrore di volare), che qui naturalmente è una pallida copia dell’inimitabile Mr. T. E c’è da dirlo, perde anche Hannibal Smith, meno canuto, più presuntuoso e che ha completamente abbandonato ogni abilità di travestimento e camuffamento. I fan della serie potranno godere quindi di quello che può considerarsi un prequel, che si adatta alle accuse, alla fuga, all’azione, all’arresto e al processo che i quattro subiscono sul piccolo schermo.
Per concludere non si può non dare spazio alle polemiche dichiarazioni di Mr. T che hanno accompagnato l’uscita di questo film. A lui non è piaciuto: troppi morti e troppo sesso rispetto al telefilm. Sul primo punto, si può fare un’annotazione sul fatto che gli sceneggiatori hanno voluto regalare al PE Baracus del film una parentesi di militanza nel “partito” della non-violenza, risolta grazie alle parole del “pacifista” Ghandi. E poi qualche morto c’è, è innegabile, ma nei film dei giorni nostri c’è decisamente di peggio.
Quanto al sesso, forse Mr. T ha preso un abbaglio o forse i produttori hanno deciso di correre ai ripari con tagli prima dell’uscita nei cinema. Ma cominciamo ad accontentarci. Pare che per partorire questo film ci siano voluti oltre dieci anni di discussioni e polemiche. Con queste premesse è davvero difficile accontentare tutti.
PS: Chi amava il mitico furgone dell’A-Team cerchi di entrare in sala dopo una mezzora dall’inizio della proiezione….Certe scene potrebbero impressionarvi e farvi piangere.
(di Giorgio Allegri)