Questa sera su Raiuno (alle 21:10), andrà in onda “Una lama di luce”, ultimo episodio per quest’anno de Il Commissario Montalbano. Per l’occasione ilsussidiario.net ha intervistato Roberto Nobile, che nella fiction interpreta il ruolo di Nicolò Zito, il fidato e amico giornalista di Salvo Montalbano (Luca Zingaretti), conosciuto al grande pubblico della tv anche per aver interpretato Giuseppe Parmesan nella serie Distretto di Polizia.
Come si è trovato a recitare nel ruolo di Nicolò Zito?
Ho letto la sceneggiatura, ero amico dello sceneggiatore, gli ho detto che mi sarebbe piaciuto interpretare quel ruolo. Lui lo disse al regista che poi mi chiamò. Io avevo già intuito che quel ruolo era adatto a me, mi piaceva e mi piace farlo e mi sento anche onorato di farlo: un giornalista coraggioso in Sicilia è molto più coraggioso di un giornalista coraggioso a Milano.
Un personaggio spesso fondamentale nelle indagini del commissario. Come descriverebbe il rapporto tra i due?
C’è un reciproco rispetto parlando delle competenze di ciascuno. Il commissario è un poliziotto e il giornalista è un giornalista. Hanno un passato diverso alle spalle, vivono nello stesso contesto, hanno le stesse conoscenze. Forse il giornalista è più anziano e può anche essere più consigliere.
Nella serie c’è un legame stretto tra gli organi di stampa e la polizia. Cosa ne pensa?
Credo che nella realtà questo legame ci sia, soprattutto in Sicilia dove la stampa si occupa di cronaca nera, mafia. Questo è abbastanza comune: i giornalisti vanno spesso nei commissariati per carpire notizie sulle indagini. E, soprattutto in Sicilia, poliziotti e giornalisti collaborano.
Quali sono i punti di forza della serie che la rendono così amata e seguita dal pubblico?
Me lo sono chiesto anch’io. Credo che forse sia lo sfondo sociale. I gialli in genere si svolgono nelle metropoli, come Londra o New York. La Sicilia con i suoi paesaggi, con il suo relativo quieto vivere, con la gradevolezza del cibo diventa lo sfondo in contrasto alle delusioni e ai dolori dei grandi criminali e diventa affascinante, una mescola bellissima.
Spesso vediamo le indagini del commissariato avere a che fare con le famiglie mafiose, ma mai in modo opprimente e sanguinario come in altre fiction. I Cuffaro, ad esempio, sembrano quasi un’entità astratta, presente ma inscalfibile. Come mai, secondo lei, questa scelta?
Credo che sia una scelta letteraria. In effetti, le puntate sono ambientate in un mondo senza tempo, agricolo, della campagna: per quanto si parli di crimini, si è legati a una sorta di etica antica a una specie di rispetto. È un po’ come il west.
Lei ha recitato anche in Distretto di polizia, La Piovra, Ultimo e altre fiction poliziesche: ha ormai trovato una certa “sintonia” con personaggi di questo tipo?
In Distretto di polizia, che è stata la cosa più importante, il mio ruolo è quello di un poliziotto sereno che dà consigli, che ha una certa età, non impegnato in azione ma in riflessione, che utilizza il computer. E questo riflette anche un po’ il mio carattere. Interpreto la funzione del saggio della situazione.
Ha lavorato anche con registri del calibro di Giuseppe Tornatore, Michele Placido, Nanni Moretti, oltre a prendere parte ad alcune importanti produzioni internazionali. Quale regista o film ha più a cuore?
Ho a cuore un film che si chiama La scuola, tratto da uno spettacolo al quale ho partecipato con Silvio Orlando e Angela Finocchiaro. Per quanto riguarda i registi non si può dire una preferenza: ognuno di loro ha un suo stile, un suo mondo interiore. In genere io apprezzo l’intensità, la coerenza di tutti questi registi. Non posso dire di essermi trovato bene o male con qualcuno. Quando un attore si trova con un regista onesto e che lavora con grande intensità e grande fiducia in quello che fa e non è disposto a scendere a compromessi l’attore si mobilita, anche quando vede che non c’è la mediocrità ma la passione, anche se il rapporto con il regista può essere tempestoso comunque c’è una sorta di rispetto reciproco.
Dove la vedremo in futuro?
In tv ho appena finito di girare alcune scene per la seconda serie de Il tredicesimo apostolo.
(Elena Pescucci)