Cento anni di storia si allontanano sempre più nel passato mentre il fiume del tempo avanza sotto i ponti del progresso che inesorabilmente sbiadisce ogni altra memoria. Queste le parole di Ermanno Olmi a proposito del suo nuovo Torneranno i prati, nelle sale cinematografiche italiane da oggi, 6 novembre, con lintento di commemorare, a centanni dal grande brutto triste giorno, proprio la Prima guerra mondiale, che ha visto migliaia di italiani, talvolta giovanissimi, cadere come bestie, così come lo stesso Olmi crede, infatti, concludendo con la citazione del pastore Toni Lunardi: La guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai.
In soli 85 minuti, però che quasi paiono uneternità – perché la guerra è senza tempo – , Ermanno Olmi, sui colori freddi e grigi del bianco e nero, ci racconta cosa veramente significasse vivere da soldato. Con la consapevolezza che in qualsiasi istante la tua fine può essere vicinissima, e con la sempre più ponderante razionalità che ti fa chiedere Perché a me?. Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si svolge in una sola nottata, prosegue il regista. Gli accadimenti sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te.
Con la straordinaria capacità, quasi incredibile, di farti immedesimare alla perfezione nei panni di uno di quei soldati, lì, sul grande schermo, Torneranno i prati è il lungimirante racconto di cosa davvero significhi sofferenza. Perché al giorno doggi troppo spesso dimentichiamo cosa vogliano dire le parole. Ma Torneranno i prati ci aiuta a non scordare mai.
Con Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti e Andrea di Maria, Camillo Grassi e Niccolò Senni, ci troviamo catapultati in mezzo a bombe e neve, ma soprattutto nel pieno di guerra combattuta da veri uomini, e non da automi senza sentimenti né cuore. Ragazzi che potrebbero essere i nostri figli, o signori che potrebbero esser i nostri mariti, o i nostri padri. Senza speranza e senza futuro, quasi costretti a morire lì, in quel buco di trincea, prima o poi.
Ci sono momenti in cui una data sul calendario, un titolo di giornale, una fotografia, smuovono ricordi sopiti che si chiamano tra loro, irrompono nel nostre tempo da protagonisti e giustamente pretendono dessere riconosciuti e risarciti del valore speso per noi: primo fra tutti, la vita, scrive Olmi. E così vediamo e ci immergiamo, lentamente e in modo irreversibile, nel più profondo e ferito Io delluomo che non si spiega come tutto quel male sia possibile.
Congelati dal freddo, costretti ad ammazzarsi e ad ammazzare. C’è chi delira, perché la guerra porta anche a questo. E c’è chi cerca di tener la mente occupata, per non pensare che possono ucciderti ora, come tra dieci minuti. Unica luce, per qualche secondo, l’esser pensati. Così tutto sembra più bello, quando da casa arriva una lettera. Ma c’è anche qualcuno a cui nessuno scrive. E allora a cosa occorre quel sacrificio? Meglio uccidersi con un colpo di canna in testa. Insomma, una carneficina raccontata nel modo più esaustivo, commovente, vero e semplice che si possa immaginare. Un gran film certo non leggero, poiché crudo, ma imperdibile.
“Della Prima guerra mondiale non è rimasto più nessuno di coloro che l’hanno vissuta, e nessun altro potrà testimoniare con la propria voce tutto il dolore di quella carneficina. Rimangono gli scritti: quelli dei letterati e quelli dei più umili dove la verità non ha contorni di retorica”, spiega Ermanno Olmi. Torneranno i prati è un film unico e imperdibile. Olmi un regista eccezionale. E conclude con una dedica speciale: “Al mio papà, che quand’ero bambino mi raccontava della guerra dov’era stato soldato”.