Ho avuto l’onore di partecipare alla proiezione a porte chiuse del film Il Cantico di Maddalena con la regia di Mauro Campiotti, in lingua inglese, che ora approda in prima cinematografica al Meeting di Rimini nella versione italiana.
Il film narra la vita di Caterina Sordini, nata a Porto S. Stefano (Grosseto) il 16 aprile 1770 ed entrata, non ancora diciottenne, tra le Francescane di Ischia di Castro (Viterbo) con il nome di suor Maria Maddalena dell’Incarnazione. Il 19 febbraio 1789, mentre puliva il refettorio, ebbe una visione: vide Gesù Eucaristia circondato dagli angeli adoranti, vestiti con una tunica bianca e scapolare rosso. Il Signore le rivelò di averla scelta per istituire l’opera delle Adoratrici Perpetue, le quali giorno e notte avrebbero dovuto offrire la loro adorazione per riparare le ingratitudini degli uomini, chiedendo grazie ed aiuti alla Divina Provvidenza. Sarà la fondatrice di una Famiglia Religiosa unicamente dedita all’adorazione della SS. Eucaristia.
Il 31 maggio 1807, con due consorelle, lasciò Ischia di Castro per Roma, dove fondò il primo Monastero del nuovo Ordine. Oggi nel mondo si contano più di 90 Monasteri tra Europa, America e Africa. Il 3 maggio 2008 è stata proclamata beata.
Il film è veramente bello, sia sotto l’aspetto estetico che di contenuto. Non è un film sdolcinato sullo stile delle fiction religiose che ci vengono propinate da Rai Uno e Lux Vide, ma è essenziale nel far emergere il carisma e l’incontro personale con Gesù da parte di Suor Maria Maddalena. È un film che non deve fare audience, ma rappresentare il cuore dell’azione della beata e la sua vita. Ricordiamo che le Adoratrici Perpetue sono un ordine di clausura monastica e la loro mission è la preghiera a Cristo Eucaristico.
Nella società odierna, dove viviamo di cellulari, internet, IPad, tv, auto, etc., tutto questo ci sembra anacronistico e irragionevole, anche se tutti questi beni tecnologici non bastano a soddisfare l’uomo.
Il film è stato girato in digitale in altissima qualità, ottima la fotografia e l’immagine. Importanti i particolari, perché esprimono un’essenzialità che riporta al divino, le immagini dei volti in primissimo piano. La protagonista, Silvia Ferretti, nei panni della beata, è parsa molto convincente, e molta coinvolta nel personaggio. Nel cast vi è anche Pedro Sarubbi, il Barabba nel film di Mel Gibson. Un complimento particolare al regista Mauro Campiotti per l’impegno e lo stile. Lo abbiamo intervistato per IlSussidiario.net.
Come è nata l’idea del film?
Innanzitutto ringrazio il Meeting di Rimini per l’invito e per l’attenzione che ha verso il cinema. L’idea è nata in modo molto semplice: l’ordine delle Adoratrici Perpetue aveva l’esigenza di far conoscere la Beata Maria Maddalena con un film. Abbiamo conosciuto le monache responsabili, si è instaurato un feeling e abbiamo realizzato il film. La consulenza di suor Gloria Riva è stata poi fondamentale sul set con le attrici. Un esempio: come inginocchiarsi o come recitare le preghiere in coro.
Un film controtendenza, non commerciale.
Un film non per far cassetta o denaro, ma per esprimere e affermare qualcosa di bello. I maestri del cinema ci hanno insegnato che si possono realizzare dei grandi film partendo da ciò che si ha da dire.
Mi sembra che sia diventato un film motivato da una passione (non riesco a finire la frase).
Film realizzato con passione in maniera tassativa! La protagonista, Silvia Ferretti, si è immedesimata totalmente, ha dormito per cinque notti in convento, ha recitato con le monache il mattutino e poi si presentava sul set. Lei ha colto che la Beata Caterina era innamorata di Gesù e lo ha espresso con la sua recitazione.
Il cinema è una forma d’espressione artistica, mi permetta: questo film introduce una bellezza che mi sembra arte pura…
Il cinema è arte quando va direttamente al cuore. Abbiamo realizzato due ore di film che parla, che dice qualcosa, senza ingannare nessuno. È un film sincero, artistico, un lavoro artistico di poesia. Al tempo stesso artigianale nel senso buono del termine: abbiamo lavorato sui primi piani, sui volti, sugli sguardi come espressione di un significato anche estetico che riconduca alla essenzialità del contenuto del film. Di fatto abbiamo cercato di limitare al minimo, pere non dire annullare, il sentimentalismo.
In Italia chi produce film cerca di andare sul sicuro, vuole guadagnare, basta vedere i casi di Checco Zalone o Bisio e poi si arena producendo con 20 milioni di euro il Baaria di Tornatore.
C’è bisogno di produttori che si innamorino di storie, di racconti e investano. Questo film è stato realizzato con 400.000 dollari messi a disposizione dall’Ordine, abbiamo lavorato per tre settimane consecutive realizzando 164 scene con 42 attori e 80 comparse. Tutto in costume. Per chiunque del ramo poteva sembrare una follia: la sfida l’ho raccolta insieme agli attori, alla troupe e il risultato si vede.
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