Dal 1965 siamo arrivati al 2005 e il film che vi propongo è Cinderella Man – Una ragione per lottare. Potrebbe essere il film manifesto del family day contro la teoria gender attuale, non come contrapposizione, ma come giudizio e dimostrazione di un’esperienza positiva. Il titolo già dice tutto, un uomo che ama profondamente la sua famiglia, i suoi tre figli e la moglie. Durante la depressione americana degli anni ’30, James Braddock, per dare da mangiare ai propri cari si adatta a lavorare al porto come scaricatore. irlandese e cattolico, anche se si lascia andare e afferma: “Non ho più preghiere da dire”. un pugile e nel 1935 avrà l’occasione della vita e diventerà campione mondiale dei pesi medio-massimi. Il regista è Ron Howard, il protagonista Russell Crow, la moglie Renée Zellweger, il manager Paul Giamatti. Mica paglia.
Facciamo un salto nel mondo del pugilato che mi è sempre piaciuto. Ho i ricordi delle sfide tra Nino Benvenuti ed Emile Griffith, poi della roccia Carlos Monzon. Il più grande per me è stato Cassius Clay/Ali per stile e testa, finendo poi con il potente Mike Tyson pre-galera. Di questi due boxer ho visto tutti gli incontri e letto anche libri sulla loro vita.
La boxe nel cinema ha avuto dei successi e delle pellicole memorabili, che ho visto e vi propongo. Lassù qualcuno mi ama con Paul Newman, Toro scatenato di Martin Scorsese con Robert De Niro, Hurricane con Denzel Washington (anche se la boxe è stata solo di contorno), il primo Rocky (che ricalca la storia di Braddock), il bellissimo The fighter (grandissimo Christian Bale). Oscar vinti e interpretazioni da cineteca.
Difficile girare un film sulla boxe. Gli attori debbono prepararsi fisicamente e atleticamente in maniera reale, le riprese non possono essere come quelle TV degli incontri perché debbono trasmettere un pathos, delle suggestioni, e il montaggio deve avere ritmo. In più il racconto e la sceneggiatura devono avere una consistenza, i personaggi non possono essere solamente degli atleti che tirano pugni, deve esserci una forte caratterizzazione. vero anche che molti di questi film sono dei biopic, ma il trattamento della storia deve tenere stretto alla poltrona lo spettatore e questo si ottiene miscelando tutti i fattori appena elencati.
Parliamo ancora di Cinderella Man. Il Cenerentolo è Russell Crowe, ormai all’apice della carriera dopo l’Oscar del 2000 con Il Gladiatore e con un’altra statuetta sfiorata con A beautiful mind. La sua interpretazione è convincente, rispecchia la storia di James Braddock, ma al tempo stesso è capace di esaltare e far emergere il desiderio di bene che l’uomo ha per la propria famiglia, di lavorare e poi combattere sul ring per essa.
Il regista è l’enfant prodige Ron Howard, che già piccolissimo esordì prima nella pubblicità, poi nei film come Lassie e American Graffiti. Divenne una conoscenza mondiale con “Happy days” al fianco di Fonzie. È diventato regista e ha lavorato con i migliori attori. Un titolo però su tutti: A beautiful mind. sempre con Crowe e vincitore dell’Oscar come regista e miglior film. La mogliettina di Crowe è Renée Zellweger, che aveva sfondato con Il diario di Bridget Jones del 2001 e si era affermata conRitorno a Cold Mountain. Dopo si è arenata e rifatta il viso. Peccato. C’è anche Paul Giamatti, nel ruolo del manager. Lo reputo un attore versatile e camaleontico, capace di passare da Una notte da leoni 2 a partecipazioni serie.
La fotografia è spettacolare, tutto girato in chiaroscuro, le inquadrature sembrano quadri di Caravaggio. Amare e lottare. La vita è spesso dura e difficile, ma il sostegno della moglie, l’amore per lei e per i suoi tre figli, la lotta umana contro le avversità e le precarie condizioni economiche esaltano ancor di più il desiderio di bene di Braddock.
Le prime battute del film sono rivolte al manager: “Vieni a salutare i miei figli”. I suoi cari sono sempre nei suoi pensieri e gli danno forza, come nel flashback di quando è in difficoltà su ring. Il figlio più grande, per fame ruba un salame: il padre non lo bastona ma lo porta al negozio dove ha compiuto il furto e lì chiede scusa. Film educativo.
Oltre all’amore e alla lotta si parla anche di morte. È quella di un suo amico irlandese che vive in maniera turbolenta il rapporto con la moglie. La morte è anche sul ring: il detentore del titolo che lui batterà ha mandato nella fossa due pugili. La moglie di Braddock ha paura che ciò accada al marito dato per perdente. Va in chiesa a pregare Dio e trova altra gente che prega per il suo caro James detto Jim. La scena finale richiama a quella iniziale, è un insieme di flashback del pugile con la famiglia e riassume il senso del film.
Una postilla finale per tutti quei clericali che sono accaniti detrattori della boxe. Il grande Cassius Clay, già diventato islamico, di passaggio a Roma dal suo amico Gianni Minà chiese al giornalista di essere ricevuto da papa Giovanni Paolo II. Minà aveva qualche aderenza con il segretario papale Stanislao e in maniera titubante ci provò. Due giorni dopo furono inaspettatamente ricevuti in Vaticano. Non ci sono filmati, solo poche rarissime foto di circostanza, nessun giornale ne parlò. Papa Wojtila raccontò di essere un ammiratore di Clay e che in seminario si faceva lasciare dal rettore la chiave della sala tv per vedere gli incontri notturni (causa fuso orario) del campione.