Sepolta viva. il titolo della puntata di Servizio Pubblico Più andata in onda ieri sera, giovedì 4 luglio. Il tema centrale è stato il degrado nel quale versa la città di Roma con tutte le sue bellezze artistiche, le memorie del passato. Uno sfacelo provocato non solo a causa dell’aumento dei turisti che invadono la città. Michele Santoro, nel cappello introduttivo, si è prodigato nel tentativo di rispondere alla domanda di chi è la colpa?. da imputare solo ai venditori ambulanti che propinano patacche di ogni genere? I finti centurioni che presidiano il Colosseo come una scalcinata guardia pretoriana preoccupati di riuscire a strappare qualche foto di gruppo con la solita comitiva di giapponesi appena sbarcati dai voli intercontinentali? L’abusivismi selvaggio? Quello che sembra strangolare ogni angolo e prospettiva con permessi che sanno dei soliti pasticci burocratici prontamente accomodati nell’omertà totale? Secondo l’analisi proposta, il conduttore è arrivato a dichiarare affermazioni dure, ma oggettive. La cruda verità è aggrappata a una mentalità che non è mai uscita dalle maglie del fascismo. Almeno, durante gli anni del regime un minimo di attenzione ai monumenti del passato imperiale veniva tributata. Certo, si trattava di un’attenzione fortemente colorata dall’ideologia, dalla necessità di offrire un’immagine forte, malgrado interventi urbanistici discutibili e uno stile architettonico tutto sommato distinguibile e non privo di un’identità, malgrado la retorica populista. Con il crollo della dittatura, lo sfacelo della guerra e l’avvento della repubblica, il peggio è stato l’unica conseguenza. Ai governi che si sono succeduti non è mai interessato nulla del patrimonio artistico italiano. Ogni esecutivo ha speso sempre meno evitando di investire nella cultura che da sempre ha caratterizzato il patrio suolo. In nazioni come l’Inghilterra, ogni vestigia del passato romano è stata resa un’attrattiva turistica e le memorie dell’antica Londinium non hanno nulla da paragonare agli scavi di Roma. Restauri, progetti, strutture alberghiere, musei, sono la forza di un’economia sulla quale altre nazioni, come l’Inghilterra per l’appunto, hanno fondato nel tentativo di creare posti di lavoro ben retribuiti badando a efficienza e professionalità. In Europa, la percentuale del PIL che i governi investono nel patrimonio artistico e culturale s’aggira attorno a una media del 2-3%. In Italia non sfiora lo 0,20%. Solo questo dato è eloquente. Allora a casa nostra? L’abusivismo più becero e intollerante. Il fai da te. L’arte dell’arrangio. La mancanza di ogni regola. Sotto il fascismo le regole esistevano, ma mancava la democrazia. Oggi, non siamo più in grado di conservarla e le regole sono ignorate in nome di un particolarismo da barzelletta. Non rimane che arrabbiarsi, notando quanto siamo fessi, ha concluso Santoro introducendo il primo servizio. Roma. Un giro tra abusivi di ogni genere e nazionalità. Negozi che si trasformano, giornalai che si travestono da rigattieri, bancarelle che con le loro chincaglierie fanno da quinta alla Fontana di Trevi. Bastano poche domande, lo spettro della telecamera per scatenare la rivolta. Parolacce, insulti, minacce. Sono quanto si rischia se solo ci si azzarda ad andare oltre il consueto. Il viaggio nel degrado della nostra capitale è continuato con guide d’eccezione. Vittorio Sgarbi ha aperto le porte della sua residenza romana mostrando una collezione d’arte di straordinario valore. Guido Reni, Guttuso, Pirandello, fanno sfoggio tra sculture dei seicento, suppellettili di ogni genere, reliquiari e ritratti autocelebrativi. La posizione del noto critico d’arte è chiara: l’interesse privato che dilaga nel pubblico anche se lui confessa di aprire la sua dimora a chiunque come fosse un autentico museo. Ha perfino trovato il coraggio di sostenere che la casa romana di Giuliano Ferrara è più ricca della sua, in materia di opere d’arte.
Francesco Rutelli, già sindaco di Roma, poi ministro ai beni culturali per il governo Prodi, ha accompagnato i telespettatori in una tour per la città fuori dalle rotte turistiche. Stando alle sue parole, i progetti irrealizzati ai quali lui si è applicato, avrebbero potuto salvare il patrimonio artistico dallo sfacelo. Oggi, di tutto quel pensato, rimangono 120 autobus elettrici. Cosa dire dello stato del Mausoleo di Augusto? A Roma si vistano il Vaticano, il Colosseo, l’Ara Pacis, ma del luogo di sepoltura voluto dal primo imperatore, nessuno non sa più niente. Giace immerso nel verde.
E la Domus Aurea? Stessa sorte. Un cantiere chiuso, accessibile solo a una sessantina di tecnici che quotidianamente lottano per strappare all’umidità delle infiltrazioni un complesso residenziale unico nel suo genere. Pensare che l’arte rinascimentale deve tutto ai dipinti che decorano le volte rimaste in opera. La stessa sorte strangola il criptoportico con il mosaico delle Muse, sotto colle Oppio. Uno straordinario complesso decorativo rimane soffocato nella terra da quando Traiano progettò le sue spettacolari terme. Oggi i soldi sembrano essere finiti e ci si limita ad attività di monitoraggio e controllo. Sovrintendenti, tecnici, archeologi, restauratori, operai, lavorano sottopagati a progetti nei quali mai nessuno ha creduto se non in periodo di propaganda elettorale, come confessato da Gianni Alemanno.