Si può dire che Ikea sia ormai unazienda di mobili famosa in tutto luniverso? Noi pensiamo di sì. Pare infatti che i continui avvistamenti di Ufo siano dovuti al fatto che anche gli alieni trovino così soddisfacente il prodotto, da aver deciso di importarlo dalle loro parti. Fateci caso, infatti, e scoprirete che la maggior parte dei rapimenti alieni ha come vittima un lavoratore o un cliente Ikea; tutto ciò, a causa del fatto che gli extraterrestri hanno ancora soverchie difficoltà non tanto con il trasporto dei mobili – in fondo le loro astronavi, per quel poco che ne sappiamo, dovrebbero essere assai confortevoli – quanto con il montaggio: le istruzioni cartacee risultano loro ancora incomprensibili e proprio a questo scopo cercano terrestri in grado di spiegargliele fin nei dettagli.
Eppure non sono i rapimenti a creare difficoltà alla grande fabbrica svedese, bensì la recente scoperta di tracce di carne di cavallo nelle succulentissime polpette vendute allinterno delle proprie filiali: una notizia che ha fatto il giro del mondo (e anche oltre: ma, a questo proposito, gli abitanti degli altri pianeti non hanno trovato proprio nulla da ridire, anzi non le trovano poi così malvage, e come loro i giapponesi, ghiotti di sushi e di carne equina, tanto da essere chiamati n-ipponici). Ma perché avercela così tanto con la carne trita di cavallo? Dopotutto è buona, non contiene nitrati (solo nitriti), cotta o cruda non fa differenza, tantè vero che a noi la bresaola equina piace un sacco.
Certo, pensare di mangiarsi a fette, o nel ragù, Furia cavallo del West può fare un po impressione. Sappiate però che primo: Furia bisogna riuscire a prenderlo; secondo: occorre convincere il piccolo Joey (il ragazzino co-protagonista del famoso telefilm anni 60) che il suo cavallo è buono anche cotto, anzi, è forse più buono così che come compagno di giochi; terzo: con Furia (o meglio, senza Furia) ci libereremmo definitivamente anche del ricordo del famigerato Mal dei Primitives ( Furia cavallo di West/ che lava i denti col seltz cantava allora e ci perseguita tuttoggi!), dei cui brani musicali sarebbe auspicabile farne polpette. Ma cosa accadrebbe a Mal, se venisse a mancare il suo Furia? Beh, se davvero dovesse succedere qualcosa di brutto a Furia, lui ci rimarrebbe proprio… Mal!
Tornando alle polpette svedesi, forse lo stupore per una simile scottiglia (la scottiglia è unadeguata miscela di carni diverse, che ben si sposano, cotte insieme) potrebbe giustificarsi col fatto che sarebbe stato più facile aspettarsi, da parte di Ikea, del buon truciolato, mischiato insieme alla trita. Senza contare che i grandi cuochi sanno bene che non tutta la carne di cavallo si presta a una buona degustazione, e che cè differenza tra razza e razza. Già lesimio cavalier Enzo Ferrari, tradizionalmente e in maniera beneaugurate, era solito offrire, a ogni vittoria di Gran Premio, carpaccio di cavallo, condito con un buon lubrificante e da gustare a lume di candele! Per parte nostra, pur volendo osservare, trattandosi di cavalli, un comportamento equi-distante, sconsigliamo tassativamente la cottura del cavallo da tiro, riconoscibile dalle enormi narici: il sapore, peraltro gradevole, regala un piacevole senso di euforia, con tutti gli inconvenienti annessi, però.
Altra razza da evitare è l’Akhal-Tekè, che in dialetto bergamasco significa: il cavallo (Akhal) te lo qui (Tekè). Si tratta di un cavallo dalla muscolatura molto sviluppata, la cui carne risulta poco gradevole perché assai dura (anche questi cavalli, come molti umani da quelle parti, soffrono di celodurismo). Ciò si deve al fatto che l’animale, usato ancora oggi come efficace mezzo di trasporto nei cantieri edili della bergamasca, è solito nutrirsi di biada impastata con la malta. Per questo motivo, la parte più tenera dell’Akhal-Tekè è la sella, che solitamente viene cotta insieme all’animale per renderlo più commestibile al palato del muratore della Valle Cavallina, sita nelle Alpi Orobie, che ama così tanto il suo cavallo, da portarlo con sé, prima nello stomaco, poi nel ricordo, una volta che la povera bestia ha concluso il proprio ciclo vitale.
Ben più facilmente digeribile è la carne equina della razza Azteca. In questo caso, però, la vera difficoltà è riuscire a riconoscere e a ordinare la parte di cavallo desiderata, in quanto risultano quasi impronunciabili i nomi dei vari tagli di questo animale e non sempre (anzi quasi mai) il macellaio può esservi d’aiuto. Una volta arrivati al bancone delle carni, infatti, vi potreste imbattere in cartellini del tipo: “Eccezionale offerta! Un kg di Tlahuizcalpantecutli a soli 32 euro al chilo!”; oppure “Paghi 2 e prendi 3 fettine di Popocatépetliztaccíhuatl a 9,50 euro!”; o ancora: “Prezzo convenienza: 13,25 euro x 500 grammi di Acuecucyoticihuatichalciuhtlicue!”.
Al di là dell’excursus gastronomico, una domanda comunque rimane nell’aria: a chi diavolo potrà mai essere venuto in mente di indagare sulle polpette svedesi dell’Ikea? Diamine, al suo più acerrimo nemico, Aiazzone (quello dell’omonimo mobilificio brianzolo), che un tempo, come da pubblicità, per i mobili era il Massimo e ora invece vivacchia tra un fallimento e l’altro.
Si vocifera che il Massimo (Aiazzone), al massimo dell’invidia per i successi dei rivali svedesi, avrebbe dato incarico ai Nas – chiamati così proprio perché “hanno fiuto” per le frodi – di indagare sulle già citate polpette, dopo averne aperto un pacchetto: la confezione sottovuoto, infatti, non avrebbe emesso il classico rumore del passaggio dell’aria, bensì un ben più inquietante “cloppete cloppete cloppete”, che avrebbe indotto alla denuncia presso i Nuclei di Anti-Sofisticazione. Da un primo controllo, sarebbe subito venuta alla luce la presenza della carne di cavallo, in quanto animale nettamente più veloce rispetto al manzo, anche sui tempi di cottura. La conferma sarebbe arrivata dopo l’inaugurazione, a Malmoe, di un’agenzia di scommesse ippiche proprio all’interno di un centro Ikea, situata dove solitamente trovano spazio i più tradizionali open space, riservati ai giochi dei bambini.
E l’Italia? Se politicamente si trova ferma al palo per il confronto-non confronto tra Bersani e Grillo, si è invece mossa al galoppo su questo fronte, chiamiamolo così, cavalleresco. L’ex ministro Sandro Bondi, che non a torto potrebbe essere definito il cav. del Cav (ovvero “il cavallo del Cavaliere”) ha subito dichiarato: “Noi, che siamo stati amici di Silvio, e lo siamo ancora, non finiremo nel tritacarne mediatico, né tantomeno siamo disposti a finire in polpette come vorrebbero il Pd, le toghe rosse e l’Ikea, accomunati dal fatto che più che crearle le polemiche le sanno solo montare!”.
Lo stesso mondo dello spettacolo non è stato immobile e ha sfoggiato alcuni dei suoi cavalli di razza. Primo fra tutti, Roberto Vecchioni: ha promesso un Samarcanda Tour, che toccherà tutte le filiali italiane dell’Ikea, al grido di “…oh oh cavallo/oh oh cavallo/ oh oooh!”. Anche la cantante Carla Bruni, italianissima parigina, si è dichiarata una pasionaria di cavalli: ne tiene pure uno in salotto, in francese bourrin de boudoir, e forse per questo lo chiama affettuosamente bou-bou.
Dal canto suo, sentitosi chiamato in causa, lo stilista Cavalli ha categoricamente negato un coinvolgimento delle proprie aziende col marchio svedese, tenendo a ribadire che “le modelle che lavorano per me portano spesso la coda di cavallo, ma non sono carne da macello”. Infine, l’immancabile professor Umberto Veronesi: raggiunto al telefono mentre era al ristorante, si è detto disposto a cavalcare la proposta, da sottoporre all’attenzione del nuovo governo, di “mettere al bando la pratica del caval-càvia” (càvia con l’accento sulla prima a), ribadendo così la sua “assoluta contrarietà a qualsiasi tipo di sperimentazione equina”. Poi, prima di riagganciare, ha ordinato a briglia sciolta: “Un caciocavallo ai ferri di cavallo per me e una Ribot (ribollita di cavallo) per mia moglie!”.