Chi lha detto che deve essere sempre leroe il protagonista di un film? Cosa succederebbe se invece fosse il cattivo? Per rispondere alla domanda guardatevi Megamind, il nuovo cartoon targato DreamWorks che racconta la storia di un uomo dal grande cervello che di professione fa il cattivo, e che finirà per salvare il mondo.
Come Shrek prendeva in giro il modello delle fiabe, Megamind reinterpreta in modo ironico il mondo dei fumetti e dei supereroi, da Superman in poi, citando i film americani e riproducendone persino gli ambienti, le atmosfere e la colonna sonora. la storia di due rivali, Metroman e Megamind, il primo un eroe tradizionale (tutto muscoli, idolo delle folle, in grado di volare come Superman), il secondo un vero antieroe (brutto ma intelligente, isolato dal mondo, più volte evaso dal carcere), che rappresentano in modo ironico leterna lotta tra Bene e Male.
Loriginalità del film, tuttavia, sta nel progressivo sfumare di questi due concetti finché la figura del buono si sovrappone a quella del cattivo e lantieroe diventa eroe, dimostrando che non si giudica una persona dallaspetto, ma dalle azioni.
Allinizio, Megamind è solo un bebè lanciato nello spazio dai genitori per salvarlo da un pianeta prossimo alla distruzione, che approda sulla Terra e tenta di condurre unesistenza normale. Ben presto, però, capisce di essere lescluso, il diverso, la pecora nera (che inevitabilmente suscita simpatia nello spettatore), vittima dei pregiudizi altrui: visto che è considerato da tutti il cattivo, decide di diventarlo davvero. Riflessione: siamo dunque noi a rendere tali i cattivi?
Al contrario, Metroman, a sua volta lanciato sulla Terra dallo spazio, è bello, adorato da tutti e destinato a diventare un eroe, salvatore della città chiamata Metro City. I due diventano naturalmente rivali e al centro della lotta si trova la reporter Roxane, bella e audace, che viene rapita in continuazione da Megamind per essere poi salvata da Metroman. Perché Megamind è intelligente, sì, ma anche molto imbranato (scrive sullo zerbino della sua torre entrata di sicurezza) e i suoi piani finiscono per ritorcersi sempre contro di lui finché, un giorno, accidentalmente gli riesce limpresa che a nessun cattivo dei film riesce mai: uccidere il supereroe.
Megamind si ritrova dunque padrone della città, ed è qui che comincia la noia. Il Male non può esistere senza il Bene e viceversa, come Yin e Yang, il giorno e la notte, perciò il cattivo senza l’eroe non ha più ragione di esistere e va alla ricerca di nuovi stimoli. Assume le sembianze di un occhialuto intellettuale e conquista la bella Roxane, cominciando a sperimentare cosa si prova a far parte dei buoni; quindi recluta Al, uno sfigato senza speranza innamorato di Roxane, e lo affida al pesciolino Minion, il suo fido alleato che – in una esilarante imitazione del Padrino – lo trasformerà in un nuovo supereroe da combattere (Titan, nome scelto perché “è l’unico senza copyright”).
Naturalmente, l’amore non perdona e Megamind finisce per dubitare delle sue scelte “cattive” quando si rende conto di essere innamorato di Roxane, ma nel frattempo ha creato un mostro: il nuovo eroe Titan, che doveva prendere il posto di Metroman, è insopportabile, pieno di sé e animato da un egoismo senza fine. Fare l’eroe non gli interessa perché “è da sfigati. Uno lavora, lavora, lavora, e per cosa?”. Perciò, alla fine propone a Megamind un patto: allearsi per dominare la città!
Il confronto tra i due, in cui Megamind cerca di spiegare a Titan la necessità di agire secondo i rispettivi ruoli, svela e prende in giro allo stesso tempo il meccanismo della drammaturgia, che assegna le parti ai personaggi secondo gli archetipi tradizionali e conduce la storia in modo da rispettarle. In questo caso, invece, la sceneggiatura gioca con i ruoli, li strapazza, osando andare contro le regole per arrivare a un prodotto che funziona. Certo, la morale che il cattivo a volte non è veramente cattivo ma, dandogli amore, può diventare più buono del buono non è nuova (vedi Shrek); eppure, l’idea della necessità di avere Bene e Male nel mondo è molto moderna, e permette di dimostrare che sono le scelte, non il ruolo assegnato dal destino o dalla società, a fondare la vita di un essere umano.
Non a caso l’unico personaggio davvero condannabile è Titan, che pretende di diventare un eroe senza averne la taratura morale e crede che tutto gli sia dovuto solo perché qualcuno ha deciso di assegnargli il ruolo del buono (“io sono il buono e quindi devi stare con me!” dice a Roxane). Megamind è un eroe perché, al contrario, non si fossilizza nel suo ruolo ma ha il coraggio di rompere gli schemi, mettere in discussione le sue scelte e prendere decisioni coraggiose per salvare ciò che conta veramente (salvare la città, salvare Roxane). Come gli ricorda Roxane, lui non ha mai gettato la spugna, non è mai fuggito in battaglia e questo è il suo maggiore pregio: il vero eroe non smette mai di lottare, nemmeno quando l’avversario è… se stesso.
Per potenziare il dualismo tra Bene e Male, ma anche per richiamare i modelli classici, il film utilizza due gamme di colori, che si compenetrano nel finale: rosso/arancio/giallo in associazione a Metroman e azzurro/blu/nero per rappresentare il mondo di Megamind. Le atmosfere ricordano un po’ quelle del Cavaliere Oscuro e del mondo dei fumetti in generale, e il 3D è usato come mezzo espressivo non invadente in una storia senza innovazioni tecnologiche strabilianti, nella quale alla fin fine è la brillante sceneggiatura di Alan J. Schoolcraft e Brent Simons a prevalere, potenziata dalla presenza di Ben Stiller come executive producer.
Un film in animazione che parla di sentimenti e problemi molto reali in un contesto surreale, diretto a un pubblico eterogeneo: in un periodo in cui il cinema tradizionale langue, l’animazione si sta facendo strada con forza, dimostrando senza ombra di dubbio di non essere affatto un genere “solo per bambini”.