Mentre in Italia cominciano a piangere i Berlucconi che hanno alzato il giocondo calice delle mai abbastanza festeggiate dimissioni, all’estero è tutta un’altra musica: Silvio continua ad avere consensi (e perciò a essere rimpianto), a tal punto che si può parlare di una vera e propria schiera di “Berlusc-orfani”.
Nicolas Sarkozy. Il presidente francese non vuole più partecipare ai vertici internazionali. Non ha più nessuno che lo faccia sorridere, gli racconti le barzellette, faccia le corna durante le foto ufficiali al capo di Stato o di governo che sta davanti. Anzi, oggi più di prima, si rende conto di quanto la Merkel lo annoi da morire, con quel suo asfissiante tormentone sui compiti che a tutti, Sarkò compreso, spettano una volta tornati a casa. Per esempio, venerdì scorso, dopo l’ultimo vertice a Bruxelles, Sarkozy è rientrato a Parigi e ha dovuto scrivere per mille volte sul suo quaderno a quadretti la frase: “Grazie, madame Merkel, per avere regalato l’orsacchiotto di peluche alla mia piccola Giulia”. Monsieur le President ha così tanta nostalgia di “Berlusconì” (con l’accento sulla “ì”) che a sua figlia sta insegnando a dire: “Mi consentà!” (con l’accento sulla “à”). E alle smorfie della piccola, scoppia a ridere, divertito e nostalgico.
Barack Obama. Il presidente americano ha preso una decisione senza precedenti: smetterà di abbronzarsi. Si è infatti chiuso nel guscio del suo Studio Ovale alla Casa Bianca, da cui non vuole più uscire. E in un discorso alla Nazione annuncerà l’intenzione di smettere di frequentare il centro “The Sun 24 Hours” di Washington D.C. (e diciamolo, una volta per tutte: non vuol dire Dopo Clinton, ma District of Columbia, perdiana!) e straccerà, in diretta tv, l’abbonamento ai suoi 15 trattamenti abbronzanti settimanali, con lampada ai raggi Uva. A quel punto, secondo indiscrezioni del suo staff, manifesterà l’intenzione – come già fece, con grande scalpore per l’immensa schiera dei suoi fans, Michael Jackson – di diventare bianco, in segno di protesta contro quella che egli stesso definisce, nella cerchia ristretta dei suoi collaboratori, “the unjust Silvio’s removal” (“l’ingiusta rimozione di Silvio”).
Recep Tayyip Erdogan. Il premier turco è andato subito su tutte le furie. Non può più parlare con il suo presidente del Consiglio preferito, l’unico al mondo che riusciva a convincerlo e a tranquillizzarlo: a volte, bastava una sola telefonata. Da quando Silvio non è più premier, le preoccupazioni di Erdogan si stanno trasformando in collera, superando ogni livello di guardia. Convintosi strada facendo di essere un insuperabile stratega del Risiko, non distinguendo più la realtà dalla fantasia, in rapida successione Erdogan ha dichiarato guerra alla Siria, ha deciso di bombardare l’Iran, di annettersi il Corno d’Africa, di rompere le relazioni diplomatiche con le Isole Comore, di prosciugare il mar Caspio utilizzandone l’acqua per un gigantesco Tea Party da fare in tutta l’Asia Centrale, di radere al suolo la catena montuosa del Caucaso, di battere a braccio di ferro “quella sederona della Merkel” e di vincere a scacchi con Simeone di Sassonia-Coburgo-Gotha (in bulgaro Simeon Borisov Sakskoburggotski), re di Bulgaria dal 1943 al 1946 e 62° primo ministro del Paese dal 2001 al 2005. Infine, per godersi un meritato riposo dopo tanto combattere, guerreggiare e sfidare, ha minacciato di trasferirsi in Kamchatka. Prima però dovrà impararne l’esatta pronuncia, perché un insuperabile stratega del Risiko, quale Erdogan ritiene di essere, deve saper pronunciare, perfettamente e senza impappinarsi, la parola “Kamchatka”.
Vladimir Putin. Complice anche il recente risultato elettorale negativo, è caduto in forte stato di depressione (ci mancava pure lui!). Dopo l’uscita di scena di Berlusconi ha venduto la sua dacia a San Pietroburgo e si è comprato una Dacia, l’auto low cost della Logan, a bordo della quale si concede un paio di volte l’anno una trasferta ad Arcore. Per il tempo restante, gira lungo le vie di Mosca bevendo un micidiale cocktail a base di vodka, vermouth, succo di foca e benzina (verde, però!). Ha smesso di praticare judo e braccio di ferro, e ora si dedica solo all’uncinetto. Si è addirittura abbonato alla rivista “Mani di Fata” (naturalmente nell’edizione russa, vi risparmiamo la traduzione in cirillico…), perché “propone ogni mese nuove idee creative di ricamo e maglia, aiutando le numerose lettrici – e il nostro insolito lettore – nella realizzazione dei lavori pubblicati con spiegazioni, consigli e consulenze telefoniche”. Ma Putin apprezza soprattutto i consigli per la bellezza, il benessere, la moda, lo shopping e le ricette di cucina che il vecchio amico Silvio, ora che ha più tempo libero, gli spedisce con le Letterine di “Striscia la notizia”.
Il re dello Swaziland. In tanti all’estero si domandano ancora: ma cosa farà Silvio da grande? Si ritirerà alle isole Bermuda? Tornerà a tempo pieno presidentissimo del Milan? Cercherà fredde vendette per un clamoroso ritorno sulla scena politica? Niente di tutto ciò. Sappiamo per certo che sta vagliando alcune proposte da lui stesso ritenute “molto interessanti”, sia per onori (leggasi pecunia) che oneri (leggasi prestigio internazionale). Il più lesto a contattarlo è stato il re dello Swaziland, capo dell’omonimo Stato, che governa uno dei pochi Paesi rimasti in cui vige la monarchia assoluta e non ci sono partiti politici (e già queste due caratteristiche a Silvio non dispiacciono). Ma non è qui il punto. Mswati III, che apprezza il nostro Paese per aver visitato più volte Villa Certosa, Palazzo Grazioli e Salsomaggiore in occasione del concorso di Miss Italia, ha chiesto la consulenza dell’amico italiano perché sta cercando moglie. Non la prima, bensì la quindicesima. Il fatto è che in occasione dell’apposita festa annuale, il sovrano è solito scegliere almeno una moglie da aggiungere al suo harem. Mswati sta da anni cercando un promoter, con capacità manageriali, esperto nel settore, in grado di organizzare e rendere evento internazionale la chilometrica fila di vergini che per settimane stazionano nei pressi del palazzo reale, quasi fosse un casting. Nello Swaziland non è solo il re a pensare che Berlusconi abbia le carte in regola per assolvere a questo delicato compito; si dice addirittura che la Regina Madre, che silenziosamente vigila sul regno (e su suo figlio), abbia affermato a una fonte affidabile: ”Per fare questo lavoro di selezione è meglio, anzi, Emilio, avere Fede: e Silvio ce l’ha. E’ l’uomo giusto al posto giusto!”.
Bibi Netanyahu. Flavio Briatore conosce bene l’uomo di Arcore, ne apprezza il carattere gioviale, la determinazione, la cocciutaggine, la generosità. E proprio per questo, su sollecitazione di Bibi Netanyahu, è stato incaricato di fare da intermediario tra il governo israeliano e l’ex presidente del Consiglio italiano per un intrigante progetto turistico-immobiliare: la costruzione di “Vivivillage”, mega-villaggio turistico sul mar Morto, per regalare, come le stesse autorità israeliane hanno tenuto a sottolineare, “una carica di brio a un ambiente che è un po’ spento”. Il Berlusca curerebbe personalmente il progetto, a partire dalla scelta della località. Due le città candidate: Ein Gedi, dove dovrebbe sorgere Zwei Gedi, un progetto a metà tra Milano 2 e Gardaland, oppure Masada, città che verrebbe collegata all’erigenda Masada-bis da uno scivolo acquatico lungo 600 metri, tenendo conto che Masada sorge a 400 metri sopra il livello del mare. Non solo: a Silvio verrebbe affidata anche l’animazione del Vivivillage per almeno cinque mesi l’anno (tutta l’estate e il periodo natalizio).
L’imperatore Serse. Serse Persichetti, imprenditore italiano che da anni si occupa di produzione di Ossietra (varietà di caviale derivata dalle uova dello storione iraniano di razza Acipenser Persicus), soprannominato “L’imperatore Serse” per la vastità dei suoi allevamenti ittici, ha chiesto una mano, all’imprenditore più che al politico, per lanciare una linea di prodotti di alta qualità per il mercato mondiale. I bene informati dicono che Silvio abbia generosamente risposto, parafrasando uno dei tanti dialetti nostrani: ”Lo storione mi intriga! Aci pènser mì, Persicos!” (“Ci penso io, Persichetti!”). Detto, fatto. Silvio si è fatto recapitare lo storione, gli ha dato un’occhiata e l’ha subito girato ai vertici della Mondadori, con questa raccomandazione: “Mi sembra uno storione importante, potremmo ricavarne un libro corposo e succulento, e magari anche una fiction…”. A tal proposito, Silvio, uomo di sport e di spot, ha già coniato per l’occasione una coloratissima pubblicità televisiva, che suona più o meno così: “Caviale5, lo storione italiano!”. (2-fine)