Non è il film dellanno, né un capolavoro, ma Nessuno mi può giudicare fa ridere ed è divertente. Almeno per sei buoni motivi. In primis per la trama, semplice, forse un po scontata, ma immediata perché fondata su contrasti forti e ben riconoscibili.
Alice (Paola Cortellesi) vive in una sontuosa villa nella Roma bene tra sfarzo, vizi e servitù. Accento romanaccio burino, cafona nel masticare la cicca, griffata da capo a piedi. Ha un figlio di 9 anni e un marito imprenditore dei sanitari che muore in un incidente stradale. La povera Alice si ritrova vedova a 35 anni, con un ingente debito da saldare a scadenza ravvicinata e improrogabile e con il rischio di perdere la custodia del figlio. Da un giorno allaltro, madre e figlio si ritrovano senza un tetto. Per fortuna, però, possono contare sulla generosa offerta da Aziz, uno degli ex camerieri della villa, che li porta in un superattico nel quartiere popolare del Quartieraccio. Inizia, così la nuova vita di Alice, su una terrazza spoglia e cadente, tra extracomunitari e coatti, tutti concentrati sulla sopravvivenza quotidiana. I giorni per accumulare il denaro sufficiente a saldare il debito sono pochi e Alice non trova un lavoro che le faccia guadagnare tanto in poco tempo. Ma unilluminazione la conduce sulla giusta strada e con un po di dritte della procace Eva anche Alice diventa una escort di tutto rispetto.
Il film di Massimiliano Bruno – che esordisce alla regia dopo essere stato sceneggiatore di Fausto Brizzi, qui ugualmente presente – fa ridere anche perché racconta la romanità vera, bassa e popolare contro quella fintamente borghese e coatta nellanimo. Il Quartieraccio raccontato è un microcosmo in cui i problemi vengono affrontati allurlo corale del volemose bene. Forse è proprio questo buonismo e il finale strabordante di happy end a infastidire certa critica. Perché in fondo in Italia un regista non è degno di definirsi tale a meno che non giri storie melense, strappalacrime, intricate nel significato intellettualoide e con un finale catastrofico e comunque inneggiante al pessimismo. A noi, invece, piace questo buonismo ruspante e genuino, seguito, nellelenco dei buoni motivi per andare a vedere il film, dal numero cinque. Le avventure di due escort che si accompagnano a qualsiasi tipo duomo sarebbero potute essere raccontate in maniera volgare e pedante. Avrebbe potuto stressare la viziosa corruzione di certa politica italiana, cui invece il film strizza locchio, ridendoci su, più che puntandoci il dito. Ironia, insomma, e comicità.
Perché no, Nessuno mi può giudicare vale la pena di essere guardato anche per la storia d’amore – certamente non shakespeariana – che nasce tra Alice e Giulio (Raoul Bova), un inquilino del Quartieraccio che gestisce rovinosamente un internet point. Non è originale la storia tra i due, anzi, ma appagante quanto basta per volere a tutti i costi che Alice e Giulio coronino il loro sogno d’amore. Ultimo, ma non per importanza, il sesto motivo. Paola Cortellesi è fantastica nella recitazione e nell’interpretare le battute – ma questo già si sa – non solo verbalmente, ma anche con la mimica del corpo e del viso. Considerando, poi, la sua facilità nello sdrammatizzare situazioni non perentoriamente comiche. Complimenti a Bova, finalmente uscito dai ruoli del bravo ragazzo quarantenne incerto su quale direzione prendere nella vita o del duro e spietato contro la criminalità. Bravissimi anche tutti gli altri nell’estremizzare personaggi già fortemente caratterizzati.
Oltre a tutto questo, poi, il film ha anche un messaggio, incarnato nella sua tesi d antitesi da Alice e Giulio. L’una, disposta a tutto pur di ottenere il meglio per suo figlio, dunque agire accettando compromessi e tradire certi valori. L’altro, Bova, uomo tutto d’un pezzo, incapace di perdonare e di concedere nuovamente fiducia. Ma, come si sa, in medio stat virus.
Questo è tutto quello che funziona: una trama lineare, forse un po’ stereotipata, ma fatta di contrasti basilari, bene espressi e facilmente riconoscibili dal pubblico. Così anche per i personaggi, semplici nel significato che rappresentano. Niente sovrastrutture, nessun sovrasenso. Solo un messaggio immediato che arriva allo spettatore tramite una sana risata.