Anche ieri sera, domenica 25 gennaio 2015, è andata in onda su Rai Tre una nuova puntata di Che tempo che fa, il varietà condotto da Fabio Fazio. A cominciare le danze è stato colui che il conduttore ha definito “il poeta pop”, ovvero Benjamin Clementine, l’artista anglo-ghanese che ha trovato nella musica il mezzo per riscattarsi. L’artista, che tra pochissimi giorni uscirà con il suo primo disco, ha suonato al piano “Cornestone” e ha poi descritto ciò che è sotteso a questa canzone, che a suo dire è stata quella che “gli ha fatto capire il modo in cui scrivere canzoni e come sia fondamentale, quando si prendono penna e chitarra in mano, essere onesti sia nei propri che negli altrui confronti”. Quindi l’artista ha accennato brevemente alla sua grande passione per la letteratura e la poesia e come “da adolescente preferisse passare il tempo sui libri piuttosto che nei pub”. Fazio, prima di salutarlo, ha ammesso di aver sentito parlare di lui per la prima volta solo una settimana fa, ma ha poi affermato di aver molto apprezzato la performance offerta in studio e di ritenerlo un artista “dalle potenzialità enormi e che vale la pena seguire”. E’ stata quindi la volta del primo ospite della serata. Sulla poltrona ha preso posto il direttore de “La Stampa”, Mario Calabresi. Motivo del suo intervento è stata la presentazione della sua nuova opera, dal titolo “Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa”. Il giornalista, che già in passato è stato ospite della trasmissione per presentare i suoi interessanti scritti, ha spiegato qual è stata la genesi di questo suo ultimo libro, svelando come tutto sia sorto da una domanda fattagli da uno studente, il quale un giorno gli ha chiesto se secondo lui sia preferibile orientarsi verso lo studio di qualcosa che appassiona o, in un certo senso al contrario, concentrare i propri sforzi nello studio di qualcosa che possa garantire un futuro lavorativo. Mario Calabresi si è detto colpito da questa domanda e ha affermato che solo una ventina d’anni fa nessuno avrebbe posto un quesito del genere. Quindi, il direttore del quotidiano con sede a Torino ha affermato che i giovani oggi come oggi conducono una vita più agiata e tranquilla non solo dei propri nonni, ma anche dei propri genitori quando questi ultimi avevano la loro età, ma che il loro problema “è la mancanza di strade tracciate” e la conseguente difficoltà del doversi costruire ognuno la propria. Calabresi ha spiegato che il libro è una sorta di raccolta di storie che vogliono fungere da stimolo ed essere un messaggio positivo e ha citato, in particolare, una storia che è connessa al famigerato campo di concentramento nazista di Auschwitz. Congedato Mario Calabresi, Fazio ha introdotto, non nascondendo un certo orgoglio per essere riuscito ad averli in studio, i due ospiti successivi, ovvero Umberto Veronesi, di cui da poco è arrivato in libreria “Il mestiere di uomo”, e il teologo Vito Mancuso. Fazio svela al pubblico in studio e a quello davanti alla televisione come l’idea di invitare l’oncologo e il teologo sia nata in lui dopo aver letto il confronto sorto tra i due sulle pagine del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Il primo a prendere la parola è stato Umberto Veronesi, il quale ha spiegato come la sua visione della vita e della morte prettamente laica si sia sviluppata in conseguenza dell’aver passato tutta la vita a combattere contro il cancro e, più in generale, contro il concetto astratto di “male”. Ha quindi preso la parola Vito Mancuso, il quale ha subito messo sul tavolo un punto di vista interessante, affermando che l’esistenza stessa del male è alla base dell’esistenza di tutte le religioni. Il teologo ha parlato poi del male come di un qualcosa che l’uomo percepisce come ingiusto, come un qualcosa che non dovrebbe trovare spazio nella vita e nelle umane cose e ha affermato che qualsiasi religione si pone come un mezzo per alleviare la sofferenza e come una sorta di “terapia, di modo per trovare consolazione”. Ha quindi ripreso la parola Veronesi, il quale ha parlato della concezione della malattia, partendo dall’antichità, quando la malattia era “vissuta come una sorta di punizione per aver compiuto qualche atto contro Dio” e ricordando poi come fino a relativamente poco tempo fa le strutture sanitarie erano gestite da appartenenti al clero. Quindi si è detto contento del fatto che con il tempo c’è stato un cambiamento nel modo di pensare e di fare medicina e che ora la scienza ha fatto molti passi avanti, testimoniati in ultimo dal fatto che oggi come oggi ci si chiede “da dove proviene il male”. Quindi Fazio, rivolgendosi a Mancuso, gli ha chiesto come sia stato “possibile che l’anno sia iniziato con una bestemmia come quella degli attentati nella capitale francese” e Mancuso ha risposto affermando che le religioni hanno al proprio interno “anche il veleno” e che la cosa fondamentale è non fermarsi mai, ma continuare “a fare ricerca, se non si vuole rischiare che anche la religione subisca un mutamento pericolosissimo e diventi terreno fertile per intolleranti e fanatici”. E’quindi arrivato il momento di Leonardo Pieraccioni, che di qui a pochi giorni festeggerà l’importante traguardo dei 20 anni di carriera come regista e i 50 anni di età. L’artista toscano è sembrato subito in ottima forma, dando luogo a una simpaticissima gag: ha fatto come per buttarsi sul pubblico presente in studio e poi ha letto una clausola contrattuale relativa alla copertura assicurativa e in cui si citano i “massimali bassi” per un possibile decesso in studio. Quindi ha detto, rivolgendosi al pubblico a casa: “potere anche girare su Canale 5” e ha poi raccontato un simpatico fatto accadutogli con Martina, sua figlia. Quindi è iniziata una sequenza di battute su come sarà la festa per i suoi 50 anni e sulla sua gatta, di cui posta foto su tutti i social network che frequenta. Ad un certo punto si è lasciato sfuggire un “la metto anche sulla griglia”, freddura di cui poi è sembrato volersi scusare. Fazio gli ha quindi chiesto “quali sono le quattro cose più belle di questi primi 50 anni” e l’artista tra le altre cose ha elencato “il primo vagito di mia figlia”. Quindi, parlando dei progetti futuri, ha affermato di non provare interesse per la televisione e di voler pensare solo a fare cinema. Prima di salutare Fazio e il pubblico si è esibito in un pezzo di Guccini. E’quindi arrivato il turno di Luciana Littizzetto, la quale ha iniziato il proprio intervento comico affermando che “Tsipras è un cognome incredibile” e ha poi lanciato l’idea di un provvedimento “asinum” “per bocciare preventivamente tutte le proposte di Gasparri”. Quindi ha scherzato sul Papa, “che in aereo ne dice di tutti i colori” e dopo un altro paio di battute ha dato la parola a Gioele Dix. L’artista, che è in scena con una rappresentazione de “Il malato immaginario” di Moliére, ha recitato un breve estratto di “Quando tutto questo sarà finito – Storia della mia famiglia perseguitata dalle Leggi Razziali”, opera in cui ha narrato le vicende della sua famiglia, perseguitata durante la seconda guerra mondiale in quanto ebrea.