Alberto Caviglia, 31enne alla sua prima esperienza registica, sicuramente definibile “un giovane cineasta in erba”, possiamo dire ce l’abbia fatta. Buona la prima, infatti, per il suo film in uscita nelle sale cinematografiche di tutta Italia oggi 1 ottobre. Pecore in erba, per l’appunto, il titolo che già richiama a quello che poi – divertentissimo – sarà il vero file rouge del racconto. Un trailer spassosissimo invita gli spettatori tutti a non lasciarsi affatto scappare l’occasione, ulteriore, di ridere, e ridere di gusto, dei difetti di ognuno di noi. Ma non solo. Con presenti volti noti del mondo dello spettacolo, della politica, e del giornalismo del calibro di Corrado Augias, Gianni Canova, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Fabio Fazio, Carlo Freccero, Gipi, Linus, Enrico Mentana, Vittorio Sgarbi, Kasia Smutniak e Giancarlo Magalli, Pecore in erba racconta – lasciandosi definire mockumentary addirittura – di un tema sentito non solo dal nostro Bel Paese, ma anche dall’Europa e dal mondo intero quale quello del razzismo, della xenofobia e dell’antisemitismo soprattutto.
Moltissime le risate, assicurate, e moltissimi probabilmente gli applausi a fine proiezione, come quelli ricevuti da Caviglia e cast intero in occasione della 72esima Mostra del Cinema di Venezia, dove Pecore in erba è stato presentato nella sezione Orizzonti.
Il mockumentary, letteralmente dall’Inglese “falso documentario”, non è certo un genere semplice da realizzare, soprattutto considerando il fatto che non lascia spazio a nient’altro se non che all’eccellenza. Il “finto racconto reale”, infatti, rischia sicuramente di apparire banale, ridicolo nel modo più negativo del termine, se non studiato nei dettagli e perciò messo in scena con una bravura sopraffina, quale quella che Caviglia sembra a pieno di aver mostrato.
Dalla Lega Nord chiamata nel corso del film “Lega Nerd”, allo stesso Giancarlo Magalli nei panni del primo sospettato di associazione terroristica islamica del Paese, Pecore in erba racconta un pochino i difetti che tutti noi abbiamo, che forse nascondiamo, che ci divertiamo a rintracciare e al tempo stesso a criticare negli altri, ma che mentiremmo se dicessimo a tutti gli effetti siano poi davvero molto distanti da noi.
Il politicaly correct, infatti, non trova sicuramente spazio in un lungometraggio di questo tipo, con gli ebrei tacciati d’ogni colpa e Leonardo, giovane medio italiano cresciuto a pan e cattiveria, nei confronti del diverso soprattutto. Proprio Leonardo qualche anno fa, nel 2006 per la precisione, sembra esser svanito nel nulla. A sei mesi dalla sua scomparsa ancora non se ne sa nulla, e la città di Roma decide allora di rimboccarsi le maniche ed iniziare a cercare. Da qui i mass media si danno al fermento, SkyTg24 si occupa della vita di Leonardo affinché tutti ne conoscano anche i minimi dettagli, e il mockumentary prende vita, intrecciandosi in una rete di artisti come il Marjane Satrapi di Trastevere, lo stilista Baci Ebreacci, lo scrittore di punta de “La Bibbia Redux” convinto di aver il diritto di esprimere tutte le opinioni che vuole, anche quelle negazioniste nei confronti della Shoah.
Con il paradosso a farla da padrone, Alberto Caviglia credo possa ritenersi soddisfatto di un film veramente ben fatto, dall’umorismo sottile, dall’autocritica severa nei confronti di un presente difficile ma comunque da vivere in un modo o nell’altro. Pecore in erba diverte, istruisce e fa anche riflettere. Perché a tutti gli effetti, per quanto strambo il mondo di Leonardo possa sembrare, dobbiamo ammettere racconti però moltissimo di alcune ideologie assolutamente negative ma purtroppo ancor oggi diffusissime.
Chissà che da “un’esaltazione dell’assurdo” come questa, non ne nasca poi qualcosa di buono. E che magari le pecore si trasformino in splendidi delfini (animali più intelligenti al mondo, ndr).