In onda su Rai Uno la domenica sera, Braccialetti rossi, la fiction in sei puntate (clicca qui per le anticipazioni della terza in onda stasera) diretta da Giacomo Campiotti e prodotta da Palomar e Rai Fiction, sta convincendo la critica ma anche i telespettatori che l’hanno premiata, conquistando di diritto la prima serata: anche la seconda puntata ha sfiorato il 20% di share registrando 5.700.000 telespettatori. La fiction è la riproposizione della serie catalana campione di ascolti Polseres Vermelles creata da Albert Espinosa e Pau Freixas e prodotta per TV 3 Televisio de Catalunya, i cui i diritti di remake per gli Stati Uniti sono stati acquistati da Steven Spielberg. La storia è ispirata proprio all’esperienza dolorosa e al tempo stesso piena di speranza di Albert Espinosa, autore di Braccialetti Rossi (Salani, 2014), dove ha raccontato la sua giovinezza segnata da un cancro poi vinto e di come si può trasformare un dolore in voglia di vivere.
Una fiction che, in controtendenza, non parla né di mafia, né di amori melodrammatici: ambientata all’interno di un ospedale, racconta la vita e l’amicizia di sei ragazzi dagli 11 ai 17 anni che, tra momenti difficili e cure a cui devono sottoporsi, formano un gruppo di amici diventando inseparabili. Un cast di giovanissimi al debutto e di bravi attori che già alla seconda puntata dimostra di aver convinto e conquistato il pubblico dai 15 ai 24 anni, che ha rappresentato quasi il 18% di quello complessivo che ha visto le prime due puntate.
Una serie senza complessi artifici narrativi, buonismi retorici, né nomi altisonanti nei titoli di testa, un prodotto televisivo che, per Carlo Degli Esposti (produttore anche de Il Commissario Montalbano), tira la riga d’inizio per il nuovo corso della fiction nostrana. Ad arricchire e connotare la narrazione ci sono le canzoni inedite firmate da Niccolò Agliardi, che si alternano a cinque successi già noti al grande pubblico di artisti italiani del calibro di Laura Pausini, Tiziano Ferro, Emma Marrone e Vasco Rossi.
Quando mi è stato proposto di scrivere questo articolo, ho avuto un sussulto, il giorno appresso sarei andato a trovare un amico d’infanzia, d’adolescenza e di maturità che è malato di Sla. Perciò il dover vedere Braccialetti rossi, mi è costato fatica. Rifuggo davanti al dolore fisico, tendo ad arrabbiarmi, ma anche a stare in silenzio. Ma, inaspettatamente, durante un pranzo con due professionisti che operano in tv e nella fiction da trent’anni sono nate alcune considerazioni. Un tv-lunch più che un Tv Talk stile Rai. Finora è stata farina del mio sacco. Ringrazio per il seguito i miei due attempati amici.
Perché questa fiction ha così successo?
1) Perché è normale. È normale parlare del dolore, è normale che ci si aiuti, è normale donare se stessi, è normale il dolore stesso. Fa parte della vita vivere e morire, aiutarsi e fare un gruppo, volersi bene o cedere al male (diciamo così); fa parte della vita cadere e rialzarsi, mangiare e dormire, stare insieme o pensare da soli, piangere e ridere contemporaneamente.
2) Questo oggi desta scalpore e occorre trovare perciò motivazioni sopite del perché tanto successo della fiction. Ciò che è normale è diventato strano e persino il nostro pensiero non è più semplice e deve costruire teorie e sistemi per tenere insieme le cose dell’esistenza.
3) Se fossimo liberi nell’ascoltare le fiammelle del nostro cuore, saremmo semplicemente contenti di sentire la vita vivere in noi. Senza preoccupazioni ulteriori, anzi… la creatività avrebbe la sua parte d’onore.
Questi sono i Braccialetti rossi: ragazzi, che affrontano il dolore con amicizia, ironia e volontà di superare se stessi, offrendo uno sguardo diverso sulla malattia, percorsi umani dolorosi, complicati e commoventi proprio com’è la vita. Un mondo che la prima serata tv di solito non racconta e che sembra aver rapito il pubblico per il tono lieve della narrazione e l’aspetto pedagogico della serie, ricca di messaggi positivi, speculari a quell’edonismo che insegue la bellezza a qualunque costo e contempla una fuga da tutto ciò che sembra corrompere il nostro corpo.