“Bernardini sostiene che…” è la nuova rubrica de IlSussidiario.net a cura di MASSIMO BERNARDINI. Un viaggio tra cinema, televisione, letteratura e musica. Tutto il meglio (o il peggio), incontrato, visto o letto durante la settimana.
…l’immagine della Concordia spiaggiata sembra venire da un sogno di Fellini fatto a Lilliput. Voglia di chinarmi a raddrizzarla”. L’ho scritto in un tweet domenica pomeriggio, dopo un’intero weekend dominato da dirette, differite di cronaca sulla nave incagliata davanti al’isola del Giglio.
Nel fiume di considerazioni che abbiamo visto e ascoltato c’è la pietà condivisa per i morti, il sollievo per i salvati, l’ansia per i dispersi. Ma soprattutto c’è un’immagine spettacolare degna di un film apocalittico o di fantascienza: la supernave volta di lato come un povero balenottero andato fuori rotta, il bianco lindo della sua perfezione modernissima di “styling” e contemporaneamente quel comignolo giallo rovesciato che spunta fuori come da una nave a vapore. I cronisti parlano per ore, aggiornano, raccontano, aggiustano continuamente le cifre del disastro, vanno in caccia di storie. Ma quell’immagine fra Fellini e fantascienza ferma, anzi per ora inamovibile, è già diventata un’icona (e rimandando al proprio sito per gli aggiornamenti, persino il GR1 di stamane ha accennato alla propria gallery…).
Mentre icone, da Avetrana, non ne arriveranno più. Dopo un’intera stagione tv ubriaca di Concetta, Cosima, Sabrina e zio Michele (oltre alla povera Sarah), i media non avranno più di che cibarsi. Cesarina Trunfio, presidente della Corte di Taranto in cui è cominciato il processo, ha stabilito il divieto di ripresa per tutte le telecamere, tranne per quelle della trasmissione “Un giorno in Pretura”, in onda su Rai3. Il programma poi si impegnerà a passare le riprese alle altre emittenti.
Nonostante questo, “non verranno comunque consentite le trasmissioni delle riprese dei 5 imputati che hanno negato espressamente il consenso: Sabrina Misseri, Cosima Serrano, Carmine Misseri, Cosima Prudenzano e Antonio Colazzo e dei testimoni. Per quanto riguarda la trasmissione integrale del dibattimento, sarà consentita solo dopo la sentenza di primo grado. A quel punto testimoni e imputati decideranno se autorizzare le riprese complete o parziali dei loro interventi e delle loro immagini. La Corte ha anche negato il permesso ai fotografi di essere presenti in Aula”.
Per un gruppo familiare come quello, dove protagonisti e comprimari hanno fatto di tutto per svelare le proprie convinzioni davanti alle telecamere, è finalmente venuta l’ora della saggezza. Ora che si tratta di decidere del loro futuro e di se, come, quando e quanto saranno assoggettati alle patrie galere, i protagonisti, grazie ai loro avvocati, intuiscono che le telecamere sarebbero un grave elemento di inquinamento della serenità di giudizio della Corte.
Insomma: capiscono che la tv non è solo un gioco di immagine ma può rovinargli la vita, e forse finalmente si accorgono che tanto affollarsi di cavi attorno a loro non era per amore se non di audience e soddisfazione (e carriera) personale. Come si direbbe fra noi di twitter: #sapevatelo prima! Speriamo tuttavia si trasformi in una prezioso precedente di comportamento e di stile.
Ecco, una grande lezione di stile me l’ha fornita con “Nineteen Mantras” il regista e drammaturgo Giorgio Barberio Corsetti allo Strehler di Milano. In tempi verbosi e “indignati” come i nostri, ecco 70’ di teatro/danza/musica in cui si è rapiti da una bellezza di invenzioni, movimenti, suoni e immagini che fanno di nuovo respirare. C’è, sulla scia di stilemi di origine indiana, una felicità di riferimento alla nostra vita, dalla nascita alla morte – e perfino alla nevrosi cui ci siamo condannati – che tuttavia non si fa mai pretestuosità e chiacchiera. Bravi tutti, musicisti indiani e occidentali sotto la guida di Riccardo Nova, e bravissima la coreografa Shantala Shivalingappa, nata sotto l’ala di Pina Bausch: si vede.
Mentre senza Bausch e senza magico Oriente ho scoperto al Manzoni di Milano che Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi , anche senza tv, sono due grandissimi attori: anzi di più. In scena fino al 29/1 con Due di noi, tre atti unici “coniugali” del ’70 dell’inglese Michael Frayn, quello di Rumori fuori scena, i due giocano fra riflessione e risata (più la seconda però) mostrando grande padronanza del mestiere. Soprattutto la disastrosa cena finale che chiude lo spettacolo, in cui fra un aprirsi e chiudersi di porte alla Feydeau passano da un personaggio all’altro con somma versatilità, è una vera e propria prova di bravura. Solfrizzi teatrante poi, per il sottoscritto, è una clamorosa scoperta.
Ne ho fatta un’altra, e di quelle memorabili. Conoscevo da orecchiante discografico e radiofonico qualcosa del sinfonismo di Anton Bruckner, così questa settimana ho deciso di fare il gran passo e di andare alla Verdi di Milano ad ascoltare la sua poderosa Quinta Sinfonia, circa 77’ di durata. Un consiglio: mai più senza. Nel senso che l’esecuzione dal vivo (ma vale per tutta la grande musica, a pensarci…), per una partitura che alterna continuamente pianissimi fino al sussurro a fortissimi che ti fanno cadere dalla poltrona, è il vero modo di vivere questa musica.
Bruckner, mistico, appartato compositore sull’ultimissimo lembo dell’800, ha dentro Wagner e Beethoven, una sua cifra di libertà e modernità che ne fa una sorta di Mahler più raffinato e insieme la tradizione del grande contrappunto tedesco. Ripete temi a tutto spiano, allunga i tempi senza vergogna, insiste quasi a tediarti come il suo amato Richard, ma se è eseguito adeguatamente con tutte le sue parte di legni e ottoni allo scoperto (alla Verdi è andata molto bene, grazie al direttore Claus Peter Flor), finisci per innamorartene.
Invece di amore sarà difficile parlare, la settimana prossima, per il film Benvenuti al Nord con Claudio Bisio. Oh, intendiamoci: lui, la Finocchiaro e Siani strappano molte convinte e rasserenanti risate (mia moglie sostiene che sono di bocca buona…), ma l’impressione è che lo stiracchiamento della geniale idea francese che ha generato il precedente successo e questo sequel sia arrivato al capolinea.
Per far ridere si usa una Milano-cartolina troppo irrealistica e arretrata, e quando le luci si riaccendono in sala sono più le incongruenze che noti nel racconto che la belle battute da ricordare. In fondo è meglio Zelig, che fra l’altro proprio venerdì prossimo tocca la 100esima serata su Canale 5 con una seratona all star da non perdere. Niente di nuovo, diciamocelo, e anzi il cast non convince del tutto. Ma Paola Cortellesi trovo sia decisamente più a suo agio dell’anno scorso, pur accanto a un Claudio Bisio forse un filo distratto dai troppi successi in corso (un attore ha bisogno di concentrarsi su una cosa alla volta). Terremo sotto osservazione.
Sulla sfida fra Zelig e Attenti a quei due nuova versione su Raiuno vi riporto i miei tweet:
-Old e neo star: Goggi politalentuosa, Clerici simpatia senza talenti ma lavoro. E Bello che Fazio, oggi fra Monti e Saviano, omaggi la Goggi.
-Il meglio di #attentiaqueidue nelle carrambate Clerici e Goggi e nella conduzione stretta di Perego. Il resto sono stanche scorie di varietà.
-#Zelig 5.561.000 e 21,50 (un po’ più maschi ); #attentiaqueidue 5.205.000 al 20 (prevalenza donne). Quasi pari ma molto più giovane il primo.
-Ieri Ra1 e Canale 5 si sono spartiti sul varietà oltre 10 milioni di italiani.
-Ultima aggiunta su dati: sugli oltre 65enni #attentiaqueidue al 36,4 e #zelig al 9,45. La terza età ride forse in un altro modo.
E della terza età del jazz fa certamente parte il sassofonista settantenne Pharoah Sanders, visto a Milano con uno strano, ma ben assortito gruppo statunitense/brasiliano. Il mio tweet diceva:
-Villa arzilla jazz. Ascolto live Pharoah Sanders, a suo tempo con Sun Ra e Coltrane: fiamme spente ma si fa rispettare.
In fondo è tutto lì: sembrava “Bitches Brew” di Miles Davis (ma senza quei comprimari, quel suono, quel talento solistico) quarant’anni dopo. E il vecchio Sanders non ha più il suono potente, e forse la cattiveria, di una volta.
Sanremo? Uffa, ci siamo già. Non ho più spazio, giusto quello di un tweet:
– Letto cast Sanremo: onorevole, ricco. Il meglio i duetti cosmopoliti: stranieri alcuni di assoluto rilievo, media comunque alta. Mi fa piacere l’idea che si torni a chiedergli di cantare “italiano”. Fra i giovani Erica Mou.
Ah, dimenticavo Nomadelfia in tv domenica sera:
–Grazie #Raistoria per “Nomadelfia una proposta” di Garzia del ’69. Con don Zeno madri e padri di 10 figli abbandonati. “È Vangelo” ripeteva.