La lunga estate calda, un po’ quella che stiamo vivendo anche noi tutti da qualche settimana a questa parte, non è solo una frase capace di descrivere i tre mesi più attesi (o quasi) dell’intero anno, ma è anche il titolo – bellissimo – di un film – bellissimo – del 1958. Per la regia di Martin Ritt, tratto dalla serie di racconti della penna statunitense di William Faulkner e con Paul Newman, Joanne Woodward e Angela Lansbury fra i tanti, la sceneggiatura Ravetch-Harriett narra di una storia bollente in una cittadina bollente.
Nel Mississipi, profondo Sud degli Usa, arriva infatti Ben Quick, un vagabondo faccia da schiaffi con la fama del piromane. E qui inizia il tanto sospirato conflitto semi-western-romantico che piace tanto agli amanti dei film tutto-genere. Il “ragazzaccio” nuovo di città Ben troverà presto lavoro presso Willy Varner, ricco del posto e padrone di quasi tutte le attività commerciali della cittadina, nonché imprenditore e affarista rude, talvolta borioso e tirannico. Ovviamente sposato, e con figli, due: Jody (in competizione di potenza col padre sin dalla nascita) e Clara, nubile e in cerca del vero amore, nonostante gli obblighi restrittivi del babbo sulle qualità che il suo futuro marito dovrebbe avere, prima fra tutte quella di esser cresciuto in una buona famiglia e, soprattutto, di potersi permettere di far figli ed estendere la discendenza dei Varner nel “mondo”.
Un intreccio amoroso degno delle menti più congeniali, portato su grande schermo con maestria da un regista come Ritt – la cui filmografia è capace di dimostrare quanto sia sua la dote del raccontare. Senza annoiare, né tanto meno illudere lo spettatore, Ritt è infatti in grado di rendere empatico qualsiasi racconto, come ben ci dimostrano alcune sue direzioni come – tra le più recenti – Pazza del 1987 e Lettere d’amore uscito nel 1990.
La lunga estate calda è allora quasi un “racconto dei racconti” capace di rendere ideale qualsiasi tipologia di target anche e soprattutto per l’immensa e pressoché infinita collisione di generi filmici ritrovabili al suo interno. Sì, perché si parla di famiglia, d’amore, di amicizia, di sfiducia e pregiudizi, ma anche di dramma – quasi addentrandosi in punta di piedi nel thriller più giallo di tutti.
Ben il piromane, infatti, è davvero attratto da Clara, ma nel momento in cui, ottenendo una sudata promozione lavorativa, verrà invitato a vivere nella magione degli stessi Varner, commetterà l’errore di darle troppe attenzioni, infastidendola. E la posizione del giovane non verrà certo aiutata dal complottismo di Jody, fratello di Clara capace di approfittare della situazione per tentare di uccidere il padre scatenando un terribile incendio, di cui tutti ovviamente crederanno sia stato Ben – respinto da Clara – l’appiccatore.
Un intrigo infinito, lungo da raccontare ma assolutamente interessante e per nulla noioso, da scoprire con cura davanti allo schermo. Un film d’altri tempi, un po’ revival del “cinema che fu”, quello americano classico che fondeva i grandi miti degli uomini americani potenti e intramontabili, con la “guerriglia” di potere in stile wester-cittadino.
La lunga estate calda è film adatto, e di cui consiglio visione a tutti, per una serata fresca (e qui forse vi occorrerà l’aiuto di un condizionatore ma mai dire mai) in compagnia. E, se proprio mi concedeste anche la possibilità di far volar l’immaginazione, ecco allora cosa vi suggerirei; divano comodo, un calice di vino bianco fermo (e soprattutto ghiacciato), bruschette con pomodorini, prezzemolo e un filo d’olio. Il menu perfetto per star seduti davanti al televisore in compagnia di un prodotto cinematografico che direi completo, come questo. Buona visione!