Un vecchio motto degli attori, dei drammaturghi e poi di registi e cineasti vari dice che far ridere sia più difficile che far piangere. Forse una semplificazione, ma di sicuro chiarisce come per far ridere non bisogna semplicemente conoscere ciò che fa ridere, il paradosso di una gag o di una battuta, ma bisogna essere anche in grado di mostrare una tecnica sicura. Susanne Bier, dopo i riconoscimenti globali ai suoi melodrammoni – tra cui Oscar, Golden Globe e Marc’Aurelio d’oro a In un mondo migliore – si diletta in una commedia rosa presentata fuori concorso alla Mostra di Venezia. E dimostra la difficoltà di fare un film leggero.
Philip è un manager solitario e non proprio simpatico, Ida è una donna tradita dal marito mentre si curava un cancro. Sono rispettivamente il padre dello sposo e la madre della sposa di un matrimonio che si svolge sulla costiera sorrentina. Tra loro scocca un’imprevista scintilla, ma le complicazioni non mancheranno.
Scritto da Bier con il suo sceneggiatore di fiducia Anders Thomas Jensen, Love Is All You Need è una commedia sentimentale dalle tenui venature patetiche che porta in vacanza la regista sia dai toni più cupi a lei consueti (ma non ai temi del tradimento, del disagio socio-psicologico, delle diversità), sia dai luoghi tipici del suo cinema, che qui si sposta a Sorrento prendendo a prestito Che cosa è successo tra mio padre e tua madre di Billy Wilder.
Aperto da That’s Amore sulle cartolinesche immagini del golfo di Sorrento, il film usa quasi tutti i luoghi comuni e i cliché dello straniero in vacanza in Italia per raccontare la storia discreta di un amore difficile se non impossibile che però non è il centro del racconto, ma una sola delle vicende a cui il golfo fa da sfondo e che tracciano una sorta di ritratto in rosa della borghesia nordica contemporanea: coppie che non riescono a comunicare, a capirsi, a vedersi, a sentire anche le basilari necessità l’uno dell’altro, che cercano di dare alla propria vita una strada fatta di sordità emotiva, se non di arroganza. Peccato che il film non sembra diverso da un tv-movie pomeridiano, dall’effetto Mamma mia delle locations sempre dietro l’angolo a una storiella che si accontenta di piccole svolte, piccole sorprese.
A Bier mancano il tocco, la precisione, la consapevolezza narrativa per realizzare una buona commedia, semplifica i personaggi fino all’evanescenza, stiracchia la storia e utilizza una macchina a mano che assieme alla colonna sonora folk non servono a fare di Love Is All You Need un film personale.
C’è chi si accontenta di una presunta freschezza di ritmo, dell’assenza dei colpi bassi e dei ricatti emotivi di cui spesso la regista abusa, ma ciò non basta a giustificare un film che della definizione di commedia romantica fa funzionare solo la seconda parte e solo verso il finale. Il resto è affidato al fascino e all’aplomb di Pierce Brosnan, che in questi ruoli sa mettere d’accordo tutti, sollevando anche il tono di chi gli recita a fianco. Ma per il film “alternativo” delle feste – o almeno così lo pensava la distribuzione Teodora – pare davvero poco.