« arrivato Zampanò!. La 35ª edizione del Meeting di Rimini che si apre oggi nei padiglioni della Fiera nuova sotto il titolo «Verso le periferie del mondo e dellesistenza. Il destino non ha lasciato solo luomo parte allinsegna del riminese Federico Fellini (1920-1993). In occasione dei sessantanni dalla sua uscita, è infatti in programma questa sera alle ore 21:45 presso lAuditorium Intesa Sanpaolo (pad. D5) lo spettacolo Io, un sassetto tra le stelle, lesecuzione dal vivo della suite composta da Nino Rota per La strada (1954) da parte dellOrchestra Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo diretta da Pier Carlo Orizio. La serata sarà introdotta dalla nipote prediletta del cineasta, Francesca Fellini, mentre le note del maestro Rota saranno accompagnate da una selezione (a cura di Giovanni Morricone) di immagini tratte dalla pellicola.
Il film – interpretato da Anthony Quinn (il rozzo «artista viaggiante Zampanò), Richard Basehart (uno spiantato acrobata circense chiamato il Matto) e Giulietta Masina (la mite e ingenua «Di Costanzo Gelsomina, che fa da attrice-clown a Zampanò), fedele compagna di Fellini anche nella vita – è il quarto lungometraggio diretto dal regista in carriera, con soggetto e sceneggiatura firmate dal medesimo insieme a Tullio Pinelli (che ne ha anche curato i dialoghi) con la collaborazione di Ennio Flaiano e rappresenta – oltre a una delle tappe più decisive del progressivo allontanarsi del cinema italiano dal neorealismo che lo ha contraddistinto nei dieci anni precedenti – la consacrazione a livello internazionale del suo autore: conquista infatti il Leone dArgento alla 15ª Mostra del Cinema di Venezia (1954) – ex-aequo con I sette samurai di Akira Kurosawa, Lintendente Sansho di Kenji Mizoguchi e Fronte del porto di Elia Kazan (che quartetto!) -, il Nastro dArgento 1955 per le migliori produzione e regia e infine il Premio Oscar 1956 per il miglior film straniero, senza contare la candidatura ottenuta per la miglior sceneggiatura originale.
Linizio del film ci mostra Gelsomina, minuta e sensibile ragazza di paese, in riva al mare: la vediamo piangere alla notizia della morte della sorella Rosa e a quella che la madre lha venduta per diecimila lire al massiccio e rude girovago Zampanò («Io, Zampanò, ve lho detto: questa non è come la Rosa questa, poverina, è tanto buona; per fare, fa quello che uno le dice, però è venuta su un po strana. Ma se non mangia tutti i giorni, cambia anche di testa). Tra queste due figure non sembra assolutamente possibile alcun punto di contatto, cosa che provoca la grande sofferenza e il desiderio di fuga della prima. Il suo incontro con il Matto – che non nasconde il proprio (ilare) disprezzo per Zampanò, sentimento (astiosamente) ricambiato da questultimo – le fa però scoprire la strada: tutto serve, tutto ha un senso. Decide allora di restare con Zampanò («Adesso la mia casa mi sembra con voi!), ma il dramma è dietro langolo
Per quanto riguarda il finale del film, conviene davvero affidarsi alle altrettanto poetiche parole – come lo sono le immagini messe su pellicola da Fellini – con le quali il professor Mario Verdone l’ha descritto nella sua monografia dedicata al regista per la collana “Il Castoro Cinema”: «[Zampanò] [a]llora si accorge, sulla riva del mare, della miserabile solitudine in cui è caduto, della enorme perdita che ha subito da quando Gelsomina non è stata più la sua compagna. E la bestia truce, violenta, scoppia ora in singhiozzi: nella spiaggia buia, davanti al mistero della natura e della vita stessa dell’uomo, mentre il mare rovescia le sue ondate, l’uomo torce sulla sabbia la propria anima sofferente e sembra da quel pianto nascere come un vagito: il vagito di una coscienza, finora sorda, che si sveglia, che si rende consapevole della propria esistenza».
Per poter gustare al meglio lo spettacolo di questa sera, proponiamo qui di seguito i dialoghi di quelle che appaiono – insieme a questo memorabile finale – le tre sequenze più significative del film, se non proprio come ideale carta di attraversamento della pellicola, almeno come semplice promemoria “per parole” della inesauribile ricchezza di contenuti di questo capolavoro felliniano:
1ª sequenza: il Matto e Gelsomina, di notte al circo
«Ma perché non ti ha lasciato andar via? Non lo capisco: io non ti terrei con me ma neanche per un giorno! Chissà, forse… forse ti vuol bene» «Zampanò? A me?» «Eh, e perché no? Lui è come i cani. L’hai mai visti i cani che ci guardano e par che vogliano parlare e invece abbaiano soltanto?» «Poveraccio, eh?» «Eh già, poveraccio… Ma se non ci stai te con lui, chi ci sta? Io sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì, per esempio» «Quale?» «Eh, questo, uno qualunque. Beh, anche questo serve a qualcosa, anche questo sassetto» «E a cosa serve?» «Serve… Ma che ne so io? Se lo sapessi sai chi sarei?» «Chi?» «Il Padreterno che sa tutto. Quando nasci, quando muori, e chi può saperlo. No, non lo so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire, perché se questo è inutile, allora è inutile tutto, anche le stelle. Almeno credo… E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tua testa di carciofo».
2ª sequenza: la suora e Gelsomina, di giorno al convento
«Bello! E vi piace andare sempre così in giro da un posto all’altro?» «Il suo lavoro è così» «Eh, ma anche noi giriamo. Cambiamo di convento ogni due anni. Questo per me è già il secondo» «E perché?» «Così non ci attacchiamo troppo alle cose del mondo. Uno si affeziona al posto dove abita, no? Anche a una pianta uno si affeziona e si rischia di dimenticare il più importante che è Dio. Giriamo tutte e due. Voi seguite il vostro sposo, io il mio» «Eh già, ciascuno il suo» «Volete visitare tutto il convento? V’accompagno io! È un convento antichissimo sapete, ha più di mille anni…».
3ª sequenza: Gelsomina con Zampanò, di notte al convento
«Zampanò. Ma voi perché mi tenete con voi? Io non son bella, non so far da mangiare, non so far niente. Eh?» «Ma che diavolo vuoi? Vai a dormire, va. Che spirito di patate che c’hai!» «Piove, si sta bene qui. Zampanò, vi dispiacerebbe se io morissi?» «Perché, ti va di morire?» «Una volta volevo proprio morire. “Piuttosto che stare con quello lì” mi dicevo. Adesso vi sposerei, anche. Tanto, se dobbiamo stare sempre insieme! Se serve anche un sasso! Bisogna pensarle queste cose! Ma voi non pensate mai! […] Zampanò, mi volete un po’ di bene?».