Servizio Pubblico, leditoriale di Marco Travaglio. 3 maggio 2012 Nell’editoriale di Marco Travaglio andato in onda ieri sera nel corso della nuova puntata di Servizio Pubblico, sono state analizzate le mosse che i “supertecnici” dovrebbero operare per i tagli alle spese, vigilare sul giusto commissariamento della Rai e per garantire equità politica. L’introduzione al suo discorso fa subito capire dove vuole andare a parare: “Non è vero, come dice Passera, che il governo non abbia ideone per la crescita dice Travaglio -. Per esempio quella di fare altri tagli alla sanità e alla scuola è un’ideona pazzesca, come se non fossero bastate quelle di Alfano e della Gelmini. Ma non ci avevano raccontato che la crescita si ottiene investendo e attirando investimenti, e valorizzando la scuola e la cultura per frenare la fuga dei giovani e dei cervelli all’estero?”. Come sempre, nei suoi interventi, Travaglio è andato a scavare nel passato di qualcuno. Il primo è Napolitano, il quale in tempi non sospetti aveva cercato di mettere in piedi una squadra di tecnici, a suoi dire, “apartitici”. E qui, spontanea, sorge la battuta del giornalista: “Poi non si lamentasse se Grillo parla di sfiducia nei partiti”. E tra le cose che Travaglio ha da chiedersi stasera, c’è una in particolare: «I tecnici, nel caso di Monti, non hanno funzionato. Quindi ora si è ricorso ai supertecnici. E se i supertecnici non dovessero funzionare, si ricorrerebbe a chi? Ai super-mega tecnici galattici?. Per tagliare i finanziamenti pubblici ai partiti, a detta di Travaglio, nulla supera “l’ideona”: chiamare uno che con i partiti non ha avuto “mai a che fare” (anche qui il sarcasmo sul volto del giornalista è evidente), e cioè Giuliano Amato. “Questo tenero e giovane nuovo acquisto di 74 anni, così lo definisce Travaglio, “si è occupato del PSI, è stato consigliere economico di Craxi, è stato implicato in uno scandalo tangenti sempre al PSI, delle quali stranamente non si accorgeva. E con Craxi, da sottosegretario alla presidenza ha portato il debito pubblico dal 70 al 92 per cento”. E nello stesso governo, Travaglio, ci scova pure Monti, da consulente di Cirino Pomicino incaricato dei tagli alla spesa pubblica. Ma anche in questo caso, il mandato è stato un fallimento. E continuando a parlare di Amato, negli anni successivi, il giornalista spiega come egli inventò tasse come il famoso 6 per mille e il depenalizzamento dei finanziamenti illeciti, poi respinto da Scalfaro. Dopo queste tappe, partecipò anche al governo Berlusconi e a quello D’Alema per poi, dopo aver annunciato il suo ritiro dalla politica nel 2008, divenire presidente dell’enciclopedia Treccani, della Fondazione Italiani Europei, Advisor di Deutsche Bank, presidente del comitato garanti unità d’Italia e della scuola superiore Sant’Anna. Alla luce di questo suo essere “schivo” agli incarici pubblici e dei partiti, come spiega ironico Travaglio, è proprio “l’uomo giusto” per tagliare i fondi ai partiti. E dalla sistemazione dei partiti, Travaglio parla di quella della Rai, argomento che sta molto a cuore anche a Santoro. “Monti ha scoperto che l’imparzialità politica della Rai non è perfettamente garantita dai partiti: chissà da quale supertecnico ha appreso questa verità. E dire che quando è stata varata la famosa legge Gasparri lui, che si preoccupava di strizzare l’occhi a Bill Gates, la giudicò perfettamente pertinente e equa anche verso Mediaset. Ma prima che invii qualche super tecnico a scoprire chi comanda alla Rai, glie lo diciamo noi. Sono infatti molto vicini a Berlusconi i seguenti dirigenti: il direttore generale Lorenza Lei, direttore delle comunicazioni Paglia, responsabile sviluppo strategico Nardello, vicedirettore generale e capo risorse umane Comanducci, direttore relazioni internazionali e di Rai Vaticana Marco Simeon, direttore di Rai 1 Mazza, direttore del Tg1 Maccari, direttore di Radio 1 Preziosi, amministratore di Rai Cinema Del Brocco, direttore di Rai Parlamento Scipione Rossi, direttore di Rai Fiction Del Noce”. E su quest’ultimo tema, Travaglio si dilunga a parlare di dove andranno i soldi per gli appalti di questa appetibile quota della Rai: dai suoi dati risulta come le maggiori fiction sembrano andare a case produttrici di Mediaset. Nell’ultima parte, Travaglio fa un confronto fra la Rai e le maggiori tv nazionali Inglesi, Americane, Tedesche, Francesi e del resto dEuropa, mostrando come nella totalità dei casi, esclusa l’Italia, il controllo sia stato affidato sempre in minoranza alla politica.