La bella stagione è in arrivo e il cambio dellora solare ha portato, come per magia, un deciso e repentino innalzamento dellalta pressione, subito avvertito tra i più sensibili meteopatici che si annidano, quatti e silenziosi, nelle nostre rumorose e trafficate città. la primavera, bellezza! Una stagione che ben si presenta, ma che – infida – nasconde insidie assai pericolose, a cominciare dalle allergie. Senza però entrare nel merito delle malattie di stagione, va detto che il nostro metabolismo, le nostre abitudini, persino i nostri ormoni (alla parola ormone chi sa quanti tra noi sono – già che ci siamo, coniamo un neologismo – primaverilmente sobbalzati sulla sedia, pensando a quanti centimetri di stoffa le ragazze perderanno con linnalzamento delle medie stagionali) sono sottoposti a una specie di shock dal quale ci riprenderemo solo nel giro di un paio di mesi.
Uno dei non pochi drammi che si consuma ogni anno di questo periodo riguarda il sonno. Non neghiamocelo: complici le poche ore di luce, le brevi giornate invernali portano alloscurità in un lasso di tempo davvero esiguo. Andiamo a letto prima la sera, tendiamo a rimanere ben oltre il trillo della sveglia mattutina nel tepore del nostro comodo lettone. Larrivo della bella stagione tuttavia non deve indurre a una riduzione troppo brusca dei periodi di sonno notturno. La primavera è stagione di per sé definita come portatrice della sindrome del letargo.
Che roba è? Trattasi di una sintomatologia in grado di trasformare onesti padri di famiglia, professionisti stimatissimi e impiegati inappuntabili in tanti plantigradi schivi e dallandatura dondolante (il famoso passo dellorso): la sindrome del letargo lascia infatti letteralmente storditi di giorno, in preda a uno stato di letale sonnolenza, che imbolsisce già nellimmediatezza del fine cena, impedendoci persino di vedere e gustare appieno un qualsiasi adrenalinico film con Bruce Willis. Il divano diventa così la nostra vera e unica Arma letale 3! (nel senso di divano almeno a tre posti per poter cadere comodamente in letargo).
E a proposito di sonno, è impossibile non trattare un altro argomento assai pesante: il pisolino durante lorario di lavoro. Operai e impiegati, panettieri e muratori, studenti e tramvieri, quadri intermedi e dirigenti dazienda, politici e imprenditori, nessuno sfugge al subdolo e morfeico abbraccio della pennica post-prandiale. Finora poche, e purtroppo spuntate, le armi con cui si era soliti difendersi dal breve ma inesorabile abbandono delle proprie membra: il classico paio di occhiali da sole, dietro il quale celare ciò che da tutti è risaputo; una finta e sospetta lettura del giornale di quattro giorni addietro, calato a improbabile saracinesca davanti al volto; una del tutto scontata e prevedibile ritirata in bagno, per violento movimento della peristalsi gastro-intestinale; un viso ascetico da monaco trappista, tradito purtroppo dal rigor mortis delle palpebre, serrate come le valve di una cozza prima della sbollettatura.
Mezzucci di poco conto, anzi penosi escamotage di stampo dilettantesco. Scontata la condanna al pubblico ludibrio e al perenne dileggio dei colleghi, complici muti nella condivisione di un segreto nascosto tra i separè di un ufficio, ma spietati esecutori della pena alla derisione forzata ad libitum. Il pisolino pomeridiano? Una condanna da scontare. E che nessuno provi pietà!
Ma ora agli schiacciatori (di pisolini) è giunta in soccorso la classica palla alzata da mettere facilmente a terra oltre la rete. Udite, udite (prima che vi prenda un abbiocco): una ricerca della National Sleep Foundation (rideteci pure su, ma non dormiteci troppo sopra) ha evidenziato che il 34% dei cittadini americani fa la siesta al lavoro senza più nascondere le proprie debolezze. Addirittura, pare che poco meno della metà di questo 34% lavori in aziende che si sono attrezzate all’uopo, predisponendo apposite stanze, denominate “nap room”, dove attuare questi tanto popolari quanto pacifici propositi.
La prima azienda in assoluto a lanciare la moda del pisolino sul lavoro come chiave strategica per migliorare la produttività è stata Google: qui la pennica è addirittura diventata un’applicazione, la famosissima “Napp”, con una versione gratuita, denominata “Nappìsolo”, che propone una nenia lenta, insistente, melodica e noiosa, basta ascoltarne poche note che subito si cade in un sonn…. ZZZZZZZZZZZZZ… La versione a pagamento fa scattare subito dopo “Napplauso”, una sveglia adrenalinica, che fa riprendere a lavorare di gran lena, riposati e ricaricati, come nuovi.
Anche alla Microsoft di Bill Gates, nel quartier generale di Redmond, è abituale vedere colleghi che, a turno, si appisolano per pochi secondi. Laggiù, dove ogni attività aziendale viene standardizzata, questo rapidissimo break salutare è stato subito catalogato come Microsleep, tanto in voga e di provata efficacia che è subito entrato nel gergo popolare.
Del resto, a praticare l’abbiocco come via al successo in azienda e in ogni altro campo delle attività umane sono stati grandi personaggi del passato. Ora, è vero che Napoleone era solito affermare che “solo i maiali dormono più di quattro ore”, ma sappiamo tutti come sia andata a finire a Waterloo, e solo per il fatto che il Bonaparte aveva passato bonaparte della notte precedente a non chiudere occhio.
Prendete Churchill, che ha praticato assiduamente la pennica per tutta la durata della Seconda guerra mondiale, e l’ha pure vinta! Oppure Albert Einstein, che metteva a punto le proprie teorie nel dormiveglia, nel senso che iniziava a scrivere una formula, poi si coricava nel letto, dormiva pochi minuti tormentato dal dubbio che qualcosa non funzionasse, indi si rialzava, correggeva l’espressione simbolica in pochi attimi di veglia, immediatamente si riappisolava di nuovo, per poi ridestarsi di colpo e tornare a rimettere mano alla formulazione della sua teoria, in un incessante alternarsi di “dormi” e “veglia”.
Insomma, “napplicarsi” un po’ (cioè fare un piccolo sonnellino) nella vita o sul posto di lavoro non deve più lasciare sensi di colpa, rassicuràti dalle parole di Paul Nolasco, della Toyota, che quando vede assopito qualcuno all’ora di pranzo pensa che “si sta preparando a fare il 100% nel pomeriggio”. Nolasco sull’utilità della pennichella non ha dubbi, solo se “a la cinco de la tarde” dovesse ritrovare lo stesso dipendente assopito come all’ora di pranzo, solo allora, forse, ne avrebbe qualcuno…
E che il pisolino regali una marcia in più al lavoro, alla produttività, addirittura al Pil nazionale lo dimostra il caso di un Paese intero. In Messico, per far correre l’economia, non ci pensano due volte: i messicani, ogni giorno, si accovacciano, si abbassano sugli occhi il sombrero e in un attimo… ingranano la siesta!