Ridere per non piangere o piangere dal ridere? Rattristarsi per questo balzano mondo, dove, per dirla alla Chesterton, “le spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”, oppure spassarsela all’idea che in un mondo di matti ci sono più argomenti che possono provocare sonore risate (e altrettanto numerose crisi di pianto)? Già Charlie Chaplin nel 1952 con “Lucciconi della ribalta”, poi Benigni e Troisi con il loro film (datato 1984) “Non ci resta che piangere” avevano sollevato la questione. Ma sia come sia, oggi ci troviamo costretti a proporvi un pezzo che fa venire le lacrime agli occhi.
“Costretti” da chi? Da Maurice Mikkers. E chi è? Forse il nuovo direttore de ilsussidiario.net? Niente di tutto ciò, cari amici, il Nostro (che salutiamo amabilmente!) rimane saldamente e meritatamente in sella. Mikkers è invece un ex tecnico di laboratorio, di nazionalità olandese, appassionato di fotografie sull’infinitamente piccolo. Pare che sia riuscito a immortalare persino la crescita zerovirgolaqualcosa del Pil italiano: non che sul vetrino al microscopio si intravedesse un granché, ma l’occhio professionale del suddetto è esercitato alle più impercettibili tracce. Perciò di lui ci si può fidare. Magari fosse così anche per il nostro Pil!
In ogni caso, intento come sempre ai suoi progetti, pare che Mikkers abbia sbattuto un piede contro la capiente credenza della cucina nella sua casa in Olanda. Un dolore così lancinante da fargli lacrimare gli occhi. Da lì a scegliere di porre una delle proprie lacrime su di un vetrino per l’osservazione al microscopio, così da metterne in evidenza i cristalli contenuti all’interno, il gioco è stato facile. Così, lacrima dopo lacrima, Mikkers ha iniziato a esplorare il “lacrimevole” mondo di parenti, amici e conoscenti, alla ricerca di microscopiche e immaginifiche differenze. Ne è nato un progetto fotografico, dal titolo “Imaginarium of Tears”, che presto sarà pubblicato in un libro e che potrebbe vincere a mani basse (stando alle previsioni) la Cup of Tears, il premio alle fotografie più commoventi dell’anno che viene assegnato dalla penisola “più piangente” del mondo: LaCrimea.
Complimenti, dunque, a Mikkers per aver scoperto quanto siano diverse tra loro le lacrime: ogni stilla è differente da qualsiasi altra, ogni goccia cela all’interno un paesaggio diverso. La scoperta ha origini lontane, se è vero, com’è vero, che già nel 1964 Bobby Solo, con un metodo empirico, cantava “Da una lacrima sul viso ho capito molte cose”: peccato che Solo, essendo solo un cantante, non fosse interessato né alla fotografia, né tanto meno al microscopio; infatti, mai approfondì l’intuizione, che pure era stata già abbozzata dal popolare lacrimologo Tom Para Ponzi Ponzi Pò, detto “il piangina”, autore del patetico trattato “La commovente vita delle lacrime: nascono sotto una buona stilla e quando muoiono nessuno piange per loro“.
Ma, ripensando alla storia recente, Bobby Solo non è stato il solo personaggio famoso imbattutosi nelle meraviglie delle lacrime. Si pensi – citando un po’ a caso – a Gianni Morandi, che non ha mai voluto provare l’emozione di piangere sul latte versato, avendo millemila volte mandato qualcun altro a comprarlo in latteria; o al signor Averna, che ha sempre pianto esclusivamente lacrime amare; oppure al mitico Lacoste, che non ha mai versato lacrime di coccodrillo per non bagnare le sue magliette; o ancora a Maria De Filippi, che generosamente, come da par suo, permette agli ospiti del suo programma “C’è posta per te” di piangersi addosso; al famoso sommelier Luigi Veronelli, a cui non sono mai mancati i lucciconi agli occhi al solo appalesarsi di gioiosi (soprattutto per le papille gustative) calici di Lacrima Christi; all’astronomo Edwin Hubble (lo scienziato che ha dato poi il nome all’omonimo telescopio spaziale) dalla commozione… stellare (gli bastava scrutare il cielo per vedere il proprio viso solcato da una stilla cometa – quella lacrima canaglia che lascia la scia lumacosa), oppure ad Alexis Tsipras, premier ellenico che, si trovasse al cospetto di Angela Merkel o della Commissione Ue, mai si è fatto mancare un lagnoso e insistente pianto greco, utile a intenerire (o a tentare di farlo) gli interlocutori sull’infausto destino aleggiante sul suo Paese.
Potremmo continuare, ma ci fermiamo qui, con il groppo in gola, anche perché – come recita un vecchio adagio attribuito al singhiozzante “Re Tear” protagonista di un apocrifo shakespeariano – “non serve a nulla chiudere la stilla dopo che i lucciconi sono scappati”. Come proverbio fa piangere, è vero, ma è un aforisma assai stillacrimevoloso (un neologismo che – speriamo – farà commuovere pure gli accademici della Crusca).