Noi tutti abbiamo sentito parlare dell’Isola di Pasqua per via dei suoi “moai”, ovvero le gigantesche statue che raffigurano delle singolari teste. Tuttavia, non è l’unica particolarità dell’isola, anzi. Esistono davvero tante teorie e misteri, a partire dalla conformazione fisica dell’isola di Pasqua. Dalla forma triangolare, il territorio fa parte del Cile e si sviluppa su un’area di circa 171 kmq, che si trovano a oltre 3600 km dalle coste del Paese. Il suo nome deriva dal fatto che Jacob Roggeveen – un ammiraglio olandese – la scoprì nel 1772 proprio durante il giorno di Pasqua e la esplorò coraggiosamente, trovandosi di fronte indigeni antropofagi. Nella puntata di Ulisse di oggi, 10 dicembre 2016, Alberto Angela ci condurrà all’interno della scoperta di uno dei più grandi misteri geografici del nostro pianeta. Conosciuta anche con il nome di Rapa Nui che in lingua autoctona significa “grande roccia”, e con il nome di Te Pito o te Henua che significa “l’ombelico del mondo”, l’Isola di Paqua è abitata da circa 3000 persone, la cui maggioranza risiede ad Hanga Roa. Una delle sue peculiarità è dovuta dalla presenza di oltre 600 moai, realizzati con pietra vulcanica e che hanno dimensioni variabili da 90 cm fino a 12 metri. Alcuni esemplari hanno un peso superiore alle 80 tonnellate. La pietra vulcanica con la quale sono realizzate le grandi teste di pietra può ben essere ricavata da uno dei tre antichi vulcani presenti sull’isola ma c’è da chiedersi la ragione per la quale le statue si trovano sulla costa con le spalle rivolte al mare e perché alcune hanno una sorta di cappello chiamato pukao. E’ proprio da questi monumenti che inizia il mistero dell’isola e che si aggiunge alle sconosciute origini dei suoi abitanti, indigeni dalla pelle chiara e con barba che venerano una divinità con sembianze di un pennuto. Pur avendo un passato ed una propria cultura, una sua scrittura e un universo a se stante, i discendenti dei primi abitanti dell’isola hanno dimenticato ogni retaggio che li lega al popolo originario o, quanto meno, così affermano.
Sono molte le teorie che hanno cercato, nel corso del tempo, di spiegare i tanti misteri dell’isola di Pasqua ed una di queste è collegata alle origini dei suoi abitanti. Secondo lo studioso Thor Heyerdahl, la popolazione che viveva in quei luoghi in origine era frutto di un mix di etnie (polinesiana, peruviana e nordica), che si sono trovate casualmente ad abitare l’isola, probabilmente a causa di una serie di naufragi. La teoria di Heyerdahl afferma inoltre che i primi ad insediarsi furono indios peruviani e boliviani, ma come dimostrarlo? Lo studioso decide quindi di attraversare l’oceano con una zattera costruita con tronchi di balsa come nel remoto passato. Il suo Kon Tiki, riuscì nell’impresa dimostrando la fattibilità di una navigazione impegnativa anche a quei tempi. La seconda teoria sull’Isola di Pasqua riguarda invece la floria e la fauna locali. In origine, il territorio non può contare sulla presenza degli alberi, particolare che avrebbe reso impossibile riparare navi naufragate. E se i primi marinai furono coloro che costruirono le grandi teste come segnale d’aiuto? In questo caso i loro discendenti potrebbero essere regrediti fino ad essere ricondotti ad uno stadio primitivo, date le poche risorse dell’isola. Se invece si considera che il terreno fosse provvisto di alberi, si può ipotizzare che vennero tutti utilizzati per la costruzione dei moai e per sfamarsi, provocando il progressivo disboscamento e la conseguente regressione allo stato primitivo. Anche in questo caso, bisogna tuttavia considerare il problema della sopravvivenza, soprattutto dal punto di vista del cibo. Le ossa di delfino trovate in fosse comuni testimoniano l’esistenza di poter andare a pescare in mare e questo significa che gli alberi dovevano quindi esistere. Inoltre, i tuberi e le banane presenti sul posto, dimostrano che piante ed alberi vennero piantati in un secondo momento? Se così fosse, rimarrebbe da spiegare la presenza di resti di animali come topi e polli.
Molti studiosi e tanti appassionati di archeologia misteriosa, sono propensi a credere che l’Isola di Pasqua facesse parte di Atlantide o di Mu. E ciò è dovuto alla leggenda che sotto la crosta terrestre abiterebbe il “piccolo popolo”, parte integrante delle popolazioni di Atlantide e Mu. Non si conoscono le cause che portarono al cataclisma che colpì la Terra all’epoca delle civiltà di Atlantide e di Mu e del fatto che i loro superstiti si distribuirono in Asia, Europa ed Americhe, mentre altri preferirono ripararsi nelle viscere della terra e che furono gli “Eletti”. Questi ultimi diedero inizio ad una nuova popolazione che si distribuì in seguito in due continenti, Agarthi e Eldorado, a cui si poteva accedere rispettivamente dal Polo Nord e dal Polo Sud. Alcune teorie sulle origini dell’Isola di Pasqua si fondano sugli alieni. Secondo questo filone, furono proprio loro ad abitare il misterioso territorio cileno e ciò sarebbe documentato dai volti scolpiti nella pietra, che non hanno alcuna somiglianza con i tratti somatici degli esseri umani. A suffragio di quest’ipotesi, anche il fatto che in epoca primitiva la remota posizione dell’isola non avrebbe permesso a nessuno di raggiungerla via mare. Se dovessimo invece pensare alla cultura dell’Isola di Pasqua, sarebbe inevitabile chiedersi che fine ha fatto l’originario folklore e che cosa sia accaduto alla popolazione. Fu un’epidemia a spazzare via entrambi, oppure i colonizzatori vollero cancellare leggende e tradizioni, attuando un vero e proprio massacro?
La prima leggenda sull’Isola di Pasqua si basa sulla storia di Hotu-Matua, che guidò la sua tribù dall’isola di Marae-rengo o Hiva fino a Rapa Nui, insieme ad animali e piante. La popolazione era divisa tra gente dai Lunghi Orecchi e gente dai Corti Orecchi, che un giorno si affrontarono in battaglia. Vinsero questi ultimi, mentre i primi vennero uccisi e bruciati. La seconda leggenda sull’Isola di Pasqua ci rimanda invece a degli uomini uccello che nel passato scesero sulla Terra, guidati dal loro leader: Makemake, il dio della fertilità e creatore di tutta l’umanità. E’ in quest’epoca, secondo la visione, che vennero creati i pesantissimi maoi e solo i sacerdoti potevano attivare la misteriosa forza in grado di muoverli. Tuttavia, i religiosi sparirono e lasciarono in sospeso il lavoro di costruzione della statue. Questo particolare si accorderebbe con la teoria dell’antropologo Thor Heyerdahl. Lo studioso ha dimostrato infatti che gli abitanti dell’Isola di Pasqua erano in grado di costruire i maoi senza aiuti “esterni”, ma grazie alla loro abilità nell’ammorbidire la pietra vulcanica per poterla modellare secondo il loro uso. Riuscì a dimostrarlo grazie a soli tre uomini che in tre giorni lavorarono una pietra di oltre 12 tonnellate. Venne trasportata in seguito da 180 uomini con il solo utilizzo di funi di corda per gran parte dell’isola. I moai più grandi sono stati ritrovati nelle cave vicino al vulcano più grande ed anche se degli attrezzi non vi è rimasta alcuna traccia, le statue incompiute sono rimaste dove venivano lavorate, confermando il fatto che non vi è alcun mistero circa la loro costruzione. Dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO, l’Isola di Paqua è una meta turistica decisamente affascinante che regala intense emozioni. Non passerà certo inosservato il fatto che uno dei nomi che le viene attribuito, Te Pito o te Henua, significa “ombelico del mondo”. Su quest’ultimo particolare grava una profezia secondo cui solo un’isola sopravvivrà agli sconvolgimenti della Terra che ricondurranno l’umanità ai suoi inizi e solo quando anche l’ombelico del mondo sarà inghiottito dalle acque, si celebrerà la fine del mondo.