Lo and behold, “guarda e ammira!”. Questo il titolo che il prolificissimo regista bavarese Werner Herzog ha dato al suo documentario, istituendo un curioso rapporto tra il suo occhio da cineasta navigato, fluttuante tra nostalgia e curiosità, e la materia trattata, ovvero la nascita di Internet. Un titolo curioso che è già dichiarazione di poetica, perché lo spettatore intuisce subito che c’è un non so che di ieratico nel modo in cui Herzog conduce la sua indagine, una sacralità all’incrocio tra rispetto, ammirazione e timore.
Se da Lo and behold ci si aspetta un documentario in stile “National Geographic” si è sulla strada sbagliata. All’inizio ci viene presentata la culla di menti da cui, verso la fine degli anni ’60, nascono i primi calcolatori capaci di comunicare in via telematica, ma ben presto il film abbandona l’andamento strettamente cronologico e nozionistico in favore di una divisione in capitoli tematici. Più che una storia di Internet, Lo and behold è una riflessione sullo sviluppo della tecnologia negli ultimi cinquant’anni, condotta con l’apertura mentale di un filosofo e un umanista più che di un tecnico del settore. L’ottica di Herzog è profondamente centrifuga, e la sua visione della conoscenza umana gli permette di partire da un argomento relativamente ristretto e arrivare a parlare di letteratura, filosofia, bioetica, fantascienza.
I capitoli in cui è diviso il documentario – 10 in tutto – sono delle sequenze a sé stanti, ma interconnesse a un livello più profondo, indipendenti se non per una fitta rete di rimandi, ricorrenza di personaggi intervistati (solitamente “pezzi grossi” del settore, da ricercatori ad hacker professionisti) e citazioni interne.
La confessata e perennemente ribadita estraneità di Herzog all’argomento dona al documentario un taglio al tempo stesso reverente e ironicamente distaccato. La voce narrante unisce interviste e immagini di repertorio, alleggerendo una struttura che corre sempre il rischio di risultare pesante. Questo riesce quasi sempre, anche se la mancanza di una sezione introduttiva che spieghi ai meno digitalizzati i concetti base del World Wide Web rischia di tagliare fuori una grossa fetta di pubblico.
Ciò nonostante, se si tralasciano opinioni di gusto personale, Herzog riesce brillantemente nel suo intento di aprire una finestra su un mondo inesplorato. La suggestione prevale sulla spiegazione, la partecipazione emotiva alla freddezza espositiva. Non vengono date risposte, ma, come il titolo suggerisce, le domande si moltiplicano a dismisura creando un senso di attesa e fascinazione. Può il computer sostituirsi all’uomo? Si può, al giorno d’oggi, scegliere consapevolmente di vivere senza internet? A quali porti approderà il progresso iniziato nella seconda metà del XX secolo?
In circa novanta minuti Lo and behold condensa molte domande tipiche della fantascienza letteraria e non, assumendo la forma di un’introduzione, più che un’enciclopedia, a come è cambiato l’ecosistema dell’uomo in seguito all’invenzione del web.