Non aveva nemmeno diciotto anni quando è stato arrestato Vittorio Luigi Colitti: l’accusa era di aver ucciso, insieme al nonno, Giuseppe Basile, un consigliere dell’Italia dei Valori. L’omicidio era avvenuto davanti casa del politico a Ugento, in provincia di Lecce, la notte tra il 14 e il 15 giugno 2008. Unica testimone una bambina: testimonianza poi giudicata inattendibile in fase di processo. Vittorio Luigi Colitti ha passato nel carcere di Bari quattordici mesi: quattordici mesi in cui ha riportato gravi danni fisici e morali e che gli sono costati, secondo un accertamento fatto dai consulenti dopo il rilascio, “un disturbo post traumatico da stress di grado severo, attualmente in fase cronica, e con sopraggiunti attacchi di panico senza agorafobia, con un danno biologico residuo pari al 35 per cento”. Gli viene però negato il risarcimento da parte dello Stato.
L’impianto accusatorio di Vittorio Luigi Colitti, si basava su una presunta faida tra vicini, cosa che poi è stata smentita in fase di processo. Il ragazzo è stato assolto prima nel 2010 dal Tribunale per i minorenni per non aver commesso in fatto, e anche dalla Corte di appello nel 2012. Una vicenda che, pur se ormai finita, ha lasciato dei segni indelebili nella vita e nel fisico di Vittorio Luigi Colitti: vista la giovane età all’epoca dell’arresto, il ragazzo è rimasto traumatizzato dall’accaduto, e ancora oggi deve fare i conti con i danni causategli dall’ingiusta detenzione. Gli avvocati di Colitti avevano fatto richiesta di risarcimento allo Stato per 500mila euro: richiesta che gli è stata negata dalla Corte d’Appello perché avrebbe mentito sull’ora in cui si trovava a casa ma, secondo la motivazione presentata dai legali in Cassazione, “il ragazzo mentì solo all’inizio chiarendo poi subito dopo l’interrogatorio di garanzia l’esatto orario di rientro in casa la notte in cui fu ucciso il povero Basile spiegando le ragioni del mendacio iniziale dettato solo dalla paura di essere coinvolto in una terribile vicenda giudiziaria.