Durante l’ospitata da Fabio Fazio, Boff parlerà del Vaticano e di Papa Francesco su cui ha già avuto modo di esprimersi in un’intervista al settimanale Oggi: “Direi che il papa ha uno sguardo nuovo sui problemi delle famiglie ferite. È per una pastorale di misericordia e perdono. Non vuole trattare questi casi per condannarli ma perché si prendano le loro responsabilità davanti a Dio. È una rivoluzione, perché dove impera il potere non c’è amore né misericordia. E l’incontro a Roma tra conservatori e progressisti è l’incontro tra potere e amore. Nel Vangelo, è centrale l’amore” e sull’omosessualità ha aggiunto “il nome giusto è omoaffettività: comprende l’affetto, l’amore, la simpatia, la sessualità come relazione profonda di tenerezza, di auto-aiuto. Quando c’è amore, anche tra due uomini o due donne, lì c’è Dio. E dinanzi all’amore bisogna avere rispetto”.
C’è grande attesa per Leonardo Boff oggi ospite negli studi di Che tempo che fa, per una intervista da parte di Fabio Fazio che si preannuncia estremamente interessante, soprattutto alla luce della valenza di un personaggio chiave nella storia della Chiesa cattolica degli ultimi decenni. Ma conosciamolo meglio.
Leonardo Boff è nato nel 1938, a Concordia, in Brasile, discendendo da una famiglia di origine italiane proveniente dal Veneto. Nel 1959 è entrato a far parte dell’ordine dei francescani minori, diventando presbitero nel 1964. Sei anni dopo ha invece ottenuto il dottorato in Filosofia e Teologia all’interno dell’Università di Monaco di Baviera. Negli anni successivi ha quindi svolto la funzione di docente presso l’ateneo francescano di Petropolis, nel suo paese natio, per poi ricoprire altri incarichi presso prestigiose università, tra cui Harvard.Nel corso della sua attività pubblica, ha presto assunto le sembianze di uno strenuo difensore delle classi indigenti e dei loro diritti, con una ferma denuncia contro i grandi potentati industriali e finanziari brasiliani che avevano ridotto al completo asservimento il popolo delle favèlas. Proprio sotto tale veste contribuì in maniera essenziale ad elaborare quella che presto sarebbe diventata celebre come teologia della liberazione. Una dottrina caratterizzata da chiarissime affinità con il marxismo e da un fortissimo impegno contro la gravissima oppressione dei popoli latinoamericani da parte di un capitalismo non solo avido, ma anche violento. A partire dall’inizio degli anni ’70 il suo impegno in tal senso lo portò a scontrarsi ripetutamente con la parte più retriva del Vaticano, i cui ripetuti ammonimenti furono però sempre ignorati. Lo scontro divenne perciò inevitabile.
Nel 1984 fu processato dall’allora cardinale Ratzinger per la sua critica alle gerarchie ecclesiastiche, mentre otto dopo, sotto il papato di Karol Woytila, fu costretto a lasciare l’ordine dei francescani dopo che il pontefice aveva cercato di impedirgli la partecipazione al Summit della Terra.Dopo aver abbandonato la Chiesa si è potuto dedicare liberamente alla politica, caratterizzando il suo impegno in senso marxista, partecipando anche al movimento mondiale contro la globalizzazione. Inoltre si è impegnato nelle tematiche care al movimento dei Sem Tierra, i contadini poveri del Brasile che si battono per una riforma agraria in grado di estendere a tutti la proprietà dei terreni.Negli ultimi giorni si è tornato a parlare di lui per una lunga intervista a Oggi in cui ha toccato due temi molto importanti, quello relativo all’enciclica Laudato sì e all’esternazione di monsignor Charamsa sulla sua omosessualità, che ha riaperto il fronte del rapporto tra Chiesa cattolica e gay.Per quanto riguarda il primo aspetto, Boff ha definito del tutto dirompente l’enciclica di Francesco, ricordando al contempo come il sommo pontefice si sia forgiato all’interno della Teologia della Liberazione, anche se nella sua versione argentina, spurgata del richiamo alla lotta di classe anche per i pericoli che un accento simile avrebbe comportato in un Paese dominato da un regime militare sanguinario.Per quanto riguarda il coming out di monsignor Charamsa, ha invece criticato l’atto del prelato polacco, bollandolo come un atto provocatorio, fatto apposta per creare difficoltà a Francesco e addirittura da lui indicato come una possibile trappola ordita dagli ambienti di destra del Vaticano.