Oggi Rai 3 trasmette il film di Sergio Corbucci “Il Conte Tacchia”. Protagonista del film è Enrico Montesano che interpreta uno strepitoso Francesco Puricelli. Non molti sanno però che il suo ruolo fu prima proposto a Cristian De Sica. L’attore romano rifiutò però la parte considerandola poco adatta alle sue caratteristiche. Decise di recitare in “Sapore di Mare”, commedia diretta da Carlo Vanzina e con Jerry Cala nel cast, perché la riteneva più consona al suo modo di recitare. De Sica dimostrò che la scelta era davvero professionale quando si scoprì che avrebbe guadagnato di meno col film di Vanzina. Chissà come sarebbero cambiate le carriere di questi due splendidi attori se avessero recitato a film invertiti.
Il Conte Tacchia è un film del 1982 di Sergio Corbucci, una tipica commedia all’italiana i cui protagonisti sono Enrico Montesano nei panni del conte Francesco Puricelli, soprannominato appunto Tacchia, e Vittorio Gassman in quelli del principe Torquato Terenzi. Nel cast sono presenti anche altri attori di primo piano come Ninetto Davoli nei panni dell’omonimo Ninetto e Paolo Panelli in quelli di mastro Alvaro Puricelli.
Questa commedia presenta alcune curiosità per quanto riguarda i suoi retroscena: intanto il film è liberamente ispirato alla vita del conte Adriano Bennicelli, nobile romano proprietario del Palazzo del Banco di Santo Spirito. Il conte era davvero figlio di una tradizione di commercianti di legno, e per questo si era guadagnato il soprannome dispregiativo di Tacchia; si candidò anche come deputato alle elezioni del 1910, riportando però un risultato scarsissimo. La colonna sonora “Nsai che pacchia” è stata composta da Armando Trovajoli, ma il film è stato epurato completamente dalla sua versione originale, piena di turpiloquio e battute più spinte tipiche della commedia popolare italiana.
Il film Il Conte Tacchia, oggi in onda su Rai Tre, è ambientato nella Roma del 1910, a pochissimi anni dalla Prima Guerra mondiale e alle soglie della guerra di Libia, e il popolano Francesco Puricelli sogna di appartenere alla nobiltà, che però è in forte declino nella Capitale e non ha altro che pochi vessilli di facciata a cui appigliarsi. Puricelli è un umile figlio di falegnami, ed è soprannominato “er Tacchia” per via della sua abitudine di raddrizzare i mobili che hanno i piedi zoppi grazie alle tacchie, o cunei di legno. Il principe Terenzi rappresenta, appunto, questa nobiltà fiera ma ormai decaduta, fino ad uno dei colpi di scena che stravolgono la vita di Francesco: dopo alcune disavventure ed esilaranti peripezie tra le vie della città, il re Vittorio Emanuele III concede a Francesco il titolo di conte. Poco dopo, però, suo padre e il principe Terenzi, molto amici nonostante le origini e il ceto sociale molto diversi, muoiono entrambi di indigestione, e Francesco viene a scoprire che Terenzi gli ha lasciato in eredità le sue proprietà e il suo denaro. Puricelli diventa così a tutti gli effetti il conte Puricelli, ma la nobiltà romana di sangue non perde occasione di disprezzarlo nonostante i sorrisi di facciata, sottolineando le sue umili origini grazie all’appellativo ora dispregiativo (e non più scherzoso) di “conte Tacchia”.
L’amore del conte Tacchia sembra essere combattuto tra Fernanda, una bella popolana che ha rapito il cuore di Francesco quando erano ancora entrambi umili, e la duchessa Elisa, che invece ha lo stesso status sociale appena acquisito dal conte. Francesco rischierà di farsi coinvolgere in un matrimonio combinato per motivi economici, come succedeva molto spesso tra i nobili, e per evitare qualsiasi problema si arruola volontario nella guerra di Libia, ma qui ha l’ennesimo scontro con la faccia bella ed ipocrita della nobiltà, che vuole salvare le apparenze anche a costo di versare sangue innocente. Tacchia, infatti, scopre che i generali vogliono coprire la ritirata anche a costo di mandare a morire di morte certa migliaia di giovani, per non vedere macchiato il proprio onore. Francesco, allora, sceglie di sacrificarsi coprendo l’intera ritirata del suo battaglione, ma ha la fortuna di scontrarsi con un soldato libico che scopre di conoscere: era un ufficiale che anni prima voleva scappare dall’Italia e tornare in Libia, e Francesco lo aveva aiutato. Approfittando di questo aggancio, il conte Tacchia si fa credere morto e diserta, deluso e disgustato dal comportamento irresponsabile e falso della nobiltà e delle alte gerarchie dell’esercito. Riesce dunque a tornare a Trastevere, il quartiere allora popolare per eccellenza, dal quale Francesco proveniva, e da qui a imbarcarsi con Fernanda per l’America, per ricostruirsi da zero una vita meritata al di là dell’Oceano insieme al suo vero amore, senza dover scendere a compromessi per un misero titolo nobiliare inutile.