Il coraggio di ribellarsi alla violenza. Questo potrebbe descrivere in poche parole la vita di Antonella Russo e quegli ultimi istanti che quel giorno del 2007 l’hanno portata alla morte. Il gesto di questa giovane studentessa è stato così esemplare che nel novembre di quello stesso anno è stata insignita con la medaglia d’oro al valor civile, in onore della sua memoria. Un approfondimento ad Amore Criminale di questa sera, sabato 6 agosto 2016, si concentrerà sulla sua storia e sulle testimonianze di quanto avvenuto all’epoca. Antonella Russo è una giovane studentessa di Solofra, un paesino in provincia di Avellino. A 14 anni subisce la perdita del padre a causa di un attacco cardiaco e per questo si stringe ancora di più alla madre Lucia. Un dolore, riporta Repubblica, che la porta anche a concentrare tutto il suo impegno negli studi, tanto da arrivare ad iscriversi alla facoltà di Lingue e Letterature straniere di Salerno. Lucia in quegli anni conosce Antonio Carbonara, un uomo che aveva perso la moglie e padre di tre figli, e forse fu proprio per questo che ne subisce subito il fascino. I due iniziano infatti subito una relazione, ma Carbonara, da uomo gentile e premuroso come si era mostrato inizialmente, diventa violento, ossessivo e geloso. Non sono rari in cui Antonio Carbonara si mostra violento nei confronti di Lucia, tanto che Antonella Russo interviene più e più volte. In seguito ad un’ulteriore aggressione, la ragazza non esita un solo attimo e lo denuncia alle autorità. Il pericolo però era ancora alto e per questo Antonella, dopo aver convinto la madre a lasciare il compagno, inizia ad accompagnarla al lavoro, una conceria vicino casa. Il timore diventa subito realtà ed infatti l’uomo inizia a pedinarle. Fino a quella mattina del 20 febbraio del 2007, quando Antonella Russo accompagna come sempre la madre fino alla conceria, pedinata a vista da Antonio Carbonara fino alla contrada Sant’Agata di Solofra. Qui, l’uomo scende dalla macchina, si avvicina al finestrino della ragazza e spara per sei volte. Quattro colpi mortali, due al volto. Carbonara poi fugge e cerca di far perdere le sue tracce, ma dopo lunghe insistenze dei Carabinieri torna a Nusco, paese in cui viveva, e si consegna. In seguito viene condannato a 30 anni, confermati dalla Cassazione.