Supponiamo di essere in un’aula di tribunale e di essere parte della giuria. Supponiamo poi che tutti i testimoni possano, potenzialmente, mentire. Infine, lasciamo che sia Keanu Reeves a chiarirci l’arcano di Una doppia verità. Il giovane Mike Lassiter (Gabriel Basso) viene sorpreso con un coltello insanguinato accanto al corpo del padre e accusato di omicidio. Le prove ci sono e la confessione incerta del ragazzo anche. Ma non è tutto così semplice. La vedova Loretta (Renee Zellweger) prega l’avvocato Ramsey (Reeves), vecchio amico del defunto marito, di aiutare il figlio che, nel frattempo, si è chiuso nel silenzio.
Ovviamente, come tutti possiamo immaginare, la realtà che viene presentata alla prima udienza e che giudica Mike colpevole è più che scontata. Così scontata che sorge automatico pensare che ci sia necessariamente un’altra possibilità. La regista Courtney Hunt punta tutto sui tempi e sui dialoghi. Il ritmo è tutt’altro che serrato, appare lento e lineare. Sono poche le scene all’aria aperta, fuori dal tribunale. I colpi di scena fanno sobbalzare lo spettatore che si culla per gran parte del film in un’atmosfera di assurda calma. Tutto si gioca sulla strategia che Ramsey illustra alla sua giovane e frenetica assistente Janelle (Gugu Mbatha-Raw): incassare i colpi dell’avversario per colpirlo poi quando è stremato.
Fondamentali sono tutti i personaggi che, chiamati alla sbarra, in un primo momento giurano l’assoluta colpevolezza del giovane Lassiter: ambigui e messi alle strette da un Reeves che acquista smalto nello svolgersi del film. Attraverso di loro si assiste a una ricostruzione in flashback dei fatti. In un susseguirsi di scene che incalzano verso la fine, vengono a galla i segreti della famiglia Lassiter e di un Jim Belushi violento (nel ruolo di Boone Lassiter) che appare così fuori luogo rispetto ai suoi ruoli standard di bonaccione. Si rivelano anche rapporti sopiti e inconfessati.
Forse non brillante in tutti i dettagli, Una doppia verità si rivela essere però un legal drama interessante e diverso dal solito standard che vede l’avvocato spigliato e competente catalizzare tutta l’attenzione su di sé. I fatti si svelano quasi da soli davanti a un caparbio Ramsey che è in grado di farli suoi. Qua gli spettatori sono portati a carpire le dietrologie del mondo forense e a concentrarsi su parole e piccoli dettagli che, credetemi, fanno la differenza.