È sempre un piacere trovare un cartone animato old style, con una grafica e un’atmosfera che ci riportano nel passato. Vale la pena quindi di rivedere al cinema La ricompensa del Gatto, il film in animazione del 2002 diretto da Hiroyuki Morita e prodotto dallo Studio Ghibli, proiettato nelle sale italiane il 9 e il 10 febbraio.
La storia comincia in una cittadina piacevole e ordinata, dove Haru, una studentessa delle superiori, salva un gatto che sta per essere investito da un camion. Il suo gesto spontaneo non passa inosservato: durante la notte, infatti, una processione solenne di gatti sfila davanti alla casa della ragazzina, svegliandola. Il re dei gatti si è scomodato per ringraziarla di persona, perché Haru ha soccorso il suo giovane erede e merita una ricompensa adeguata. Peccato che il dono pensato per lei sia una trappola: il sovrano, infatti, ordina che Haru sia condotta nel regno dei gatti e data in sposa al principe. L’unica via di salvezza è rappresentata da Baron, un gatto gentiluomo che si prodiga per impedire alla generosa Haru di perdere la sua identità e di restare imprigionata in un mondo alternativo, dove è destinata ad assumere sembianze feline.
Ricorda un po’ il paese dei balocchi di Pinocchio, questo regno dei gatti, non solo per la trasformazione della protagonista, ma per ciò che rappresenta: un luogo in cui poltrire tutto il giorno, senza responsabilità e doveri quotidiani.
All’inizio della storia, Haru è svogliata, arriva tardi a scuola, osserva da lontano un ragazzo che le piace senza avere il coraggio di farsi avanti, è goffa e si considera poco attraente. È un’adolescente normale, insomma, con le insicurezze tipiche della sua età. Quasi per gioco, dichiara che non sarebbe male trasferirsi nel paese dei gatti, lontano dai suoi doveri e dai suoi problemi.
L’avventura che la attende servirà a farle cambiare prospettiva, e la trasformazione fisica nel corso del film rappresenta molto bene il percorso dell’eroina. Vediamo Haru nell’uniforme scolastica, confusa tra gli altri studenti, poi con orecchie e baffi da gatto, quando comincia ad adattarsi alla sua nuova condizione, infine con una gonna lunga e un diverso taglio di capelli, per sottolineare il cambiamento. Ritornata nella sua realtà quotidiana, Haru non è la stessa di prima. L’esperienza le ha insegnato che è importante vivere il proprio tempo senza tirarsi indietro, facendo tesoro di ogni occasione e affrontando le responsabilità con spirito positivo.
La ricompensa del gatto è considerato uno spin off del film I sospiri del mio cuore, in cui già comparivano i tre personaggi che aiutano Haru (Baron, il gattone Muta, il corvo Toto), ma rivela una personalità ben precisa, con uno stile particolare. Nonostante Morita abbia collaborato con lo studio Ghibli come animatore (in Kiki consegne a domicilio, per esempio), si nota un deciso allontanamento dal modello di Miyazaki nel character design e nell’animazione. I personaggi assomigliano ai protagonisti degli anime televisivi del passato, mentre gli eventi prendono il sopravvento sulla costruzione dell’atmosfera.
A differenza di quanto accade in molti prodotti destinati al pubblico giovane, qui il messaggio non è mai espresso in modo piatto, ma emerge dai dialoghi, dai dettagli visivi, dalle immagini simboliche disseminate nella storia (il labirinto, per esempio) e dai richiami, chissà se voluti, alle fiabe: l’abito da Cenerentola indossato dalla protagonista nel paese dei gatti, la minuscola casa di Baron in cui la “grande” Haru si introduce come Alice nel paese delle meraviglie. Il risultato è un film delizioso, che regala un sorriso e molti spunti su cui riflettere, risvegliando la nostalgia dei cartoni animati degli anni Ottanta e Novanta in tutti coloro che li hanno amati e li rimpiangono.