Basta usare la parola sbagliata per rischiare di essere bannati su Facebook, che si affida alle segnalazioni degli utenti per scovare chi pubblica contenuti inappropriati. Come ricorda Virginia Della Sala in un articolo su Il fatto quotidiano di oggi, 13 marzo 2017, il controllo della rete sul social network crato da Mark Zuckerberg è affidato però a degli algoritm. La violenza e le immagini di nudo sono vietate, l’ironia e la satira sono invece permesse, ma a volte può essere difficile stabilire i confini, soprattutto se a farlo non è una persona ma un elaboratore di dati: “Spesso l’attività di identificazione e di analisi di questi elementi avviene per una combinazione di algoritmi e di segnalazioni degli utenti. Il che complica la distinzione tra le parole in sé e il contesto in cui sono inserite. Nella satira o negli intenti parodistici determinate parole possono essere impiegate per veicolare messaggi completamente diversi rispetto al loro significato ‘puro’. Così come un occhio umano può fraintendere toni e intenzioni”. Essere sospesi da Facebook, il cui ban implica di non poter pubblicare contenuti per 30 giorni, può inoltre avere conseguenze economiche per chi lo usa per pubblicizzare il proprio lavoro: l’uso dei social network a questo fine è infatti in aumento come dimostra il fatto che il comparto delle inserzioni pubblicitarie abbia registrato un incremento del 57% rispetto al 2015.