Un emozionante tuffo nel mondo dell’intrattenimento, non solo circense, ai tempi della Belle Epoque parigina, ma soprattutto la storia vera di un sorprendente sodalizio artistico tra il decano dei clown Georges Footit – il poliedrico James Thieree attore, acrobata e scenografo svizzero – e il primo clown di colore, Rafael Padilla, nome d’arte Chocolat, primo attore nero a diventare famoso in Francia, all’inizio del ventesimo secolo, interpretato da un ormai consacrato Omar Sy. Mister Chocolat è l’irresistibile ascesa a cui segue l’inevitabile discesa agli inferi del protagonista.
Chocolat, all’inizio sbarca il lunario come cannibale in una piccola compagnia circense di provincia, in un contesto in cui i “negri” possono giusto fare gli sguatteri, come il padre di Chocolat, la cui storia resta sullo sfondo, ma rappresenta per Rafael un costante memento che significa voglia di riscatto. L’incontro con Footit è la grande occasione della vita che li catapulta nella splendente Parigi di inizio ‘900 del Cirque Noveau, dove diventano acclamati artisti.
Footit è l’artista schivo, musone ma lungimirante, che vede in Chocolat un potenziale che nemmeno lui sa di avere. Footit è convinto, e i fatti gli daranno ragione, che insieme possono dar vita a qualcosa di esplosivo e diventare “due facce della stessa medaglia, indissociabili”.
All’apice del successo, Chocolat inizia a essere travolto dai suoi numerosi vizi, belle donne, alcool, gioco d’azzardo e quindi debiti, che gli procureranno non pochi guai. Chocolat, da nero emancipato sa bene che i bianchi lo acclamano, ogni sera, durante lo spettacolo solo perché si fa prendere a calci e sbeffeggiare dal clown bianco Footit. Lui vuole di più, “vuole essere preso sul serio”, stufo com’è delle discriminazioni razziali che hanno segnato la sua vita ed è pronto, sostenuto dal suo amore Marie (Clotilde Hesme), per il grande salto verso il teatro, e la sua passione, Shakespeare. Chi meglio di Chocolat per interpretare, l’Otello? Ma il pubblico del teatro parigino, abituato ad attori bianchi travestiti, dimostra di non essere pronto e di conservare ancora gelosamente l’idea che i neri vanno sottomessi, perché il loro successo è un insulto per i bianchi.
L’epilogo struggente, ma privo di rimpianti è un inno all’amicizia tra Footit e Chocolat, le due facce della stessa medaglia, che hanno rivoluzionato all’inizio del ventesimo secolo l’arte circense francese.
Il protagonista Chocolat è indagato dal regista Roschdy Zem in tutte le sue sfumature caratteriali, senza alcun vittimismo o retorica, sottolineandone anche l’ingratitudine, rispetto a tutta la strada fatta solo grazie all’intuizione di Footit. Vengono infatti evidenziati i momenti di grandezza, insieme a quelli di totale decadenza. Gran parte della biografia di Rafael Padilla viene raccontata fedelmente: la schiavitù, l’essere venduto, fino all’approdo nel piccolo circo Delveaux, il successo, la sua attenzione per i bambini malati per i quali si esibisce insieme a Footit, per strappare loro un sorriso.
Il regista, durante la conferenza stampa di presentazione ha sottolineato che il film è il risultato dell’unione tra attività cinematografica e lavoro storiografico: sono stati, infatti raggruppati ed esaminati molti articoli di stampa dell’epoca facendo emergere tutte le caratteristiche della Belle Epoque parigina. Il profumo del mondo artistico, dell’arte di Toulouse Lautrec riecheggia dalle locandine degli spettacoli di Footit e Chocolat affisse nelle strade della Ville lumiere. Il film, oltre a essere una riuscita allegoria della Francia della Belle Epoque fotografa bene come venisse vissuto l’altro, lo straniero.
Il film inaugura la VI edizione di Rendez-Vous, appuntamento con il nuovo cinema francese – madrina dell’evento l’attrice Chiara Mastroianni – ed esce in tutta Italia in 140 copie.