Il documentario Robinù – in uscita nei cinema oggi, martedì 6 dicembre 2016 – evidenzia la realtà di moltissimi bambini che in età puberale sono costretti ad entrare in un mondo fatto di illegalità e crimini. La cornice è Napoli dove moltissimi adolescenti con alle spalle storie di disagio e provenienti dai quartieri più malfamati entrano nelle cosiddette “paranze di bambini” che hanno codici di onore, gestiscono quartieri, hanno adepti da difendere e che usano pistole e kalashnikov come fossero videogiochi. I ragazzi del documentario di Santoro raccontano come hanno iniziato ad usare per la prima volta una pistola, come per loro fosse naturale sparare a qualcuno ed avere la consapevolezza di poter morire in pochi secondi. Racconti cruenti, spaventosi, da far venire la pelle d’oca. Riuscire ad immaginare che i protagonisti di quelle storie sono ragazzini il cui unico obiettivo nella vita è avere potere, fare una bella vita, avere soldi e belle donne a discapito di ogni forma di onestà e legalità, diventa decisamente difficile. Nelle loro parole emerge una condizione di fondo che quasi li ha obbligati a fare determinate scelte, se volevano sopravvivere non avrebbero potuto fare una vita diversa, questa è l’idea più raccapricciante, erano destinati a diventare criminali. E nonostante le conseguenze di una detenzione evidente, in molti resiste la concezione che era giusto comportarsi in quella determinata maniera.
I protagonisti sono principalmente ragazzi che si trovano in carcere per scontare la loro pena. Infatti il film Robinù viene girato all’interno del carcere di Poggioreale dove gli attori e protagonisti sono i veri baby boss, non ci sono controfigure, non esistono mediazioni. I piccoli camorristi con il loro dialetto e il loro aspetto talvolta consumato dall’uso di droghe si raccontano apertamente senza filtri. Solo in questo carcere ci sono circa 120 detenuti di età compresa tra i 20 e i 30 anni senza contare tutti i minorenni che si trovano nei carceri minorili e nelle case famiglia. Sono dati alquanto sconcertanti ma che rivelano una realtà spesso dimenticata. Non è una fiction in cui gli attori devono interpretare un copione scritto cercando di immedesimarsi nei panni del personaggio assegnato, qui esce fuori una dimensione interiore molto più profonda che fa vedere come dei baby killer spietati convivano costantemente con la possibilità di morire ma che allo stesso tempo amano la vita e che nella speranza di una vita migliore diventano criminali.
Robinù uscirà al cinema per due giorni evento che si terranno il 6 e 7 dicembre nelle sale italiane. Questa pellicola è stata presentata alla 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ed inoltre è stata selezionata per il festival internazionale di film documentari ‘Idfa di Amsterdam 2016‘. C’è una frase del film indicativa della realtà che si vive a Napoli negli ultimi due anni, dove una guerra combattuta da bambini e ragazzi ha causato oltre 60 morti, ed è “Tu queste cose le devi fare ora. Perché così, se vai in galera per vent’anni, esci e hai tutta la vita davanti”. In queste parole c’è tutta la realtà di questi bambini in cui viene inculcata l’idea che è giusto adottare certi comportamenti ed è ancora più plausibile farlo quando si è piccoli in modo che quando si esce dal carcere si è ancora abbastanza giovani per poter vivere.