I capolavori, si sa, si riconoscono dagli incipit. Se noi diciamo “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, è chiaro che parliamo della Divina Commedia. Non appena qualcuno fa riferimento a “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene ininterrotte di monti”, ci sovvengono immediatamente I Promessi sposi. E se, anche nel cuore della notte, udissimo la frase “Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”, pur assonnati e intorpiditi, non esiteremmo a esclamare: Guerre stellari! E che ne dite di un inizio così: “Era stata un’alba chiara e fredda, la limpidezza dell’aria quasi un annuncio che l’estate stava finendo. Si mossero al sorgere del sole, venti uomini in tutto, per andare a una decapitazione”. Questo è senz’altro più difficile da indovinare. Aiutino? Chi non l’ha letto, l’ha senz’altro visto. “Le tenebre stavano avanzando. «Meglio rientrare». Gared osservò i boschi attorno a loro farsi più oscuri. «I bruti sono morti»”.
Ma sì, dai, sono le prime parole del primo capitolo de Il Trono di spade, l’ormai famosissima saga di George R.R. Martin, che ha conquistato milioni di lettori e telespettatori, un caleidoscopico incastro multiplo corale concatenato di personaggi che vivono in un mondo fantastico e che senza sosta si alleano, congiurano, combattono per conquistare il potere con colpi di scena inimmaginabili e un’abbondante dose di sesso e violenza. Un trionfo della malvagità perfettamente rodato che a noi sembra funzioni così: ogniqualvolta un personaggio mostra doti da protagonista, viene tolto di mezzo, assassinato in maniera brutale. L’ultimo inatteso omicidio, che ha fatto restare senza parole milioni di fan, è stato quello di Jon Snow, da molti considerato il vero protagonista: su internet, in attesa della sesta stagione – che in Italia andrà in onda su Sky alla fine di aprile – non si parla che di lui. Sarà davvero morto? E poi, perché il meccanismo – un po’ sadico – della saga poggia su una sorta di eliminazione diretta e/o predeterminata?
Risposte tutt’altro che semplici, per le quali ci siamo visti costretti a trasvolare fino in Svezia per incontrare uno dei protagonisti del Trono, segnatamente il primo dei due commilitoni assassinati nella prima scena del primo episodio della prima serie. Rimasto talmente scioccato dall’esperienza, da vivere sotto pseudonimo. Birnhilgvard Belgrholm (ora preferisce farsi chiamare così) era un noto attore svedese. Messosi precocemente in mostra con la vittoria in un concorso canoro, “Il Vichinghino d’oro”, condotto dal mitico (naturalmente a quelle latitudini) Mago Zurlistromm, con la canzone Jag ville en renar svart (Volevo una renna nera), neppure dodicenne si ritrovò a recitare nella serie “Torna a casa Lassielund” (uno sbiadito remake scandinavo, dove il nostro recitava da cani, mentre il cane Lassielund… beh, lasciamo perdere!); poi, in rapida successione, ha rivestito il ruolo di protagonista in una serie di serie di discreto successo: “La maschera di Svartsson” (in buona sostanza, uno Zorro dei fiordi), raggiungendo la notorietà con “Il Dottor Hus” (medico poco convenzionale, ma dotato di grandi capacità, che opera presso il Södersjukhuset Aakutmottagning, uno dei migliori ospedali di Stoccolma), consacrando infine la sua fama nel “Commissario Berggryningennej” (scopiazzatura, anche nella traduzione del cognome, del nostro Montalbano). All’apice della carriera venne contattato dai produttori del “Trono di spade” per essere ingaggiato. E a quel punto…
Che cosa è successo, signor Belgrholm?
Per comodità chiamatemi pure Birnhilgvard. Mi hanno scritturato promettendomi un ruolo di primissimo piano per almeno tre stagioni.
E lei?
Ho accettato entusiasta. E per festeggiare l’evento, certo del contratto a lunga scadenza, mi sono concesso subito una Rolls Royce Phantom Drophead Coupé (per la cronaca, un gingillo da 485mila euri: e bravo il nostro Birnhilgvard!), ho aperto un mutuo per acquistare un attico di 700 metri quadri con piscina olimpionica nel centro di New York e, per non farmi mancare nulla (ho fatto tanta mess tenn – gavetta – nella vita!), ho pure noleggiato per tre anni (tre come le stagioni del Trono promessemi da contratto) un jet privato, per poter essere sul set – dall’Irlanda del Nord a Malta – senza dover sobbarcarmi quei noiosissimi voli di linea.
Fantastico, no?
Già. Peccato che la mia presenza nel “Trono di spade” sia durata poco più di otto secondi. Dopodichè, sono stato fatto crudelmente fuori (sul set), ricevendo un inaspettato benservito. Ovviamente da comune comparsa: vale a dire, poco più di 200 dollari.
A quel punto?
Sono dovuto scappare dai miei creditori inferociti. Così inferociti da far apparire Jaime Lannister (nella serie, il cattivo dei cattivi) come un filantropo benefattore.
E oggi come vive?
Nel nascondimento più assoluto. Ho abbandonato la tv e i ruoli da protagonista. Oggi faccio lo speaker alla radio in alcuni programmi, come “En hur jordbruk (paragonabile al nostro “A come Agricoltura”), dove, memore della mia antica poliedricità, posso anche cimentarmi, a seconda dei temi della puntata, nell’imitazione dell’alce, dell’orso bruno o della betulla (che peraltro è davvero difficile da imitare!).
Un’ultima domanda: visti i successi intercontinentali, si dice che “Il Trono di spade” potrebbe diventare la prima di una serie di quattro saghe, una più violenta e sanguinosa delle altre…
Sì, i produttori ne parlavano già ai miei tempi. Al “Trono di spade” dovrebbero fare seguito altre tre serie con inediti, ma altrettanto sanguinari personaggi: “Il Trono di denari” vedrebbe all’opera due dinastie in lotta tra loro per un antico tesoro nascosto; poi toccherebbe al “Trono di coppe”: in un crescendo grandguignolesco, tribù del Grande Nord dedite al culto di Bacco e di Dioniso si abbandonerebbero a misfatti efferati.
E che ci dice della quarta serie, Birnhilgvard?
La sua realizzazione è ancora incerta, specie dopo che su internet sono state postate le foto dei randelli che verranno utilizzati sul set. Così, per “Il Trono di bastoni”, non si riescono a trovare attori protagonisti né comparse. E, semmai dovessero scovarmi i produttori, anch’io declinerei l’invito. Sapete com’è, alla salute ci tengo…