Risale al 20 giugno del 2014, la tragica vicenda di Fiorenza De Luca, appena 29enne, già madre di 4 figli ed in attesa di un quinto bambino. Un solo colpo di pistola, in pieno volto, indice di una forte rabbia da parte di chi ha voluto porre fine alla vita di Fiorenza. “Forse ho sparato a mia moglie” disse all’epoca al 118 il compagno Beniamino Ligorio, un bracciante agricolo con cui la donna viveva in un appartamento nella provincia di Taranto, a Grottaglie. In quei giorni La Gazzetta del Mezzogiorno riporta che la coppia litigava spesso e proprio per questo la giustificazione iniziale di Ligorio, ovvero che il colpo fosse partito per errore, non regge agli occhi degli investigatori. Oltre a questo si aggiunge anche il fatto che il giorno prima del delitto Ligorio aveva manifestato l’intenzione di togliersi la vita, stanco dai continui litigi con Fiorenza De Luca. Alcuni vicini di casa hanno riferito invece che fosse l’uomo a scatenare le liti, perché non riusciva a credere che Fiorenza De Luca non fosse più innamorata del primo compagno, lo stesso con cui aveva avuto i primi due figli. Eppure quella mattina la donna, in un ultimo atto d’amore, aveva scritto “Ti amo Beniamino. By Fiore” sul pavimento stradale sotto ai portici del centro, a pochi passi dalla casa. Alcune ore dopo invece lo sparo. Beniamino Ligorio riferisce ai soccorsi, e nei successivi interrogatori, che il colpo è partito per errore. Voleva dimostrare infatti alla compagna che l’arma che aveva in casa era scarica. E così punta la pistola verso il viso di Fiorenza De Luca e preme il grilletto. Da lì la tragedia che sfocia subito nel giallo, perché l’arma in questione era detenuta illegalmente ed era stata modificata in modo che non sparasse più a salve, ma fosse in grado di usare i proiettili veri. Secondo le dichiarazioni, Ligorio aveva trovato l’arma nelle campagne oltre un anno prima ed aveva deciso di tenerla per una questione di sicurezza personale. Nega inoltre di essere a conoscenza del fatto che Fiorenza De Luca fosse incinta, confermato dalla versione dei genitori della donna. In fase processuale, la difesa ha sempre puntato sull’errore e non sulla volontarierà dell’omicidio, smentito dall’accusa che invece ha fatto leva sulla modalità con cui si è sviluppata la tragedia. Anche il particolare della gravidanza, secondo l’accusa, era un fatto ben noto a Ligorio, dato che in casa erano presenti diversi esami ginecologici e che tutto faceva quindi pensare che Fiorenza gliene avesse parlato, o che comunque non ne avesse fatto mistero. A novembre del 2014, Beniamino Ligorio viene riconosciuto dalla Corte d’Assise di Taranto colpevole di omicidio volontario e quindi condannato all’ergastolo, oltre al pagamento di 100mila euro alla famiglia della vittima.