Non mancando le bufere in Parlamento sulla questione della legge elettorale su cui è stata posta la fiducia, altre se ne addensano sulla Rai in seguito alla scarsa raccolta di audience da parte del programma di Fabio Fazio spostato da RaiTre a RaiUno. La faccenda si intreccia immediatamente con risvolti di carattere politico, perché seguendo sui giornali le varie dichiarazioni dei pro e dei contro l’unica cosa chiara che sembra emergere è che dietro questo spostamento non ci possono essere ragioni di carattere squisitamente tecnico/editoriale. Chi si intende di tv sa benissimo che un canale riflette la memoria storica del telecomando, dato che i telespettatori, soprattutto quelli adulti/anziani sono assai abitudinari. Spostare programmi importanti da una rete all’altra è come azzardare mosse al gioco del 15 senza conoscerne bene gli effetti.
Se è vero che Fazio ha raccolto più pubblico di quello che raccoglieva su RaiTre, come dicono i suoi difensori, è anche vero che nel frattempo ne ha raccolti assai meno della media di RaiUno, provocando un terremoto complessivo: buco su RaiTre – che non aveva pronta nessuna sostituzione degna (ohibò, nessuno ci ha pensato?) – e flop su RaiUno, che dovrà restituire parte dei soldi spesi dagli investitori a fronte di un’audience promessa molto maggiore. Dal punto di vista del format, come non capire che la chiacchiera pseudo-colta che poteva ancora interessare il solito pubblico di RaiTre, avrebbe sicuramente annoiato il pubblico di RaiUno? Oltretutto sotto forma di un brodo allungato in grado di addormentare un elefante, animale notoriamente paziente. Aspettiamo pure di veder cosa succederà nelle puntate a seguire, ma Yoda dubita che Fazio possa rapidamente cambiare pelle, abitudini e atteggiamenti dopo tanti anni in cui ha rifatto sempre lo stesso programma e dimenticando di non essere più su RaiTre.
L’operazione, complessivamente richiama un altro problema: l’attuale direzione e l’attuale CdA, ereditando le indecisioni proprie e di Campo Dall’Orto, si dimostrano del tutto inadatti a governare l’azienda di Servizio Pubblico. Oltretutto il nuovo DG Orfeo, che è un giornalista, invece di mettere mano alla riforma dell’informazione (ma lì c’è lo scoglio della Gabanelli e della testata unica dell’informazione All News…), ha proposto invece un ricambio alla guida delle reti: visto che la direttrice di RaiDue Dallatana se ne va dalla Rai, ha pensato bene di promuovere Angelo Teodoli a RaiUno, spostare Andrea Fabiano a RaiDue, e promuovere Roberta Enni al posto di Teodoli a Rai Gold. Ora, è noto che Teodoli è un valido uomo-macchina, un buon conoscitore di palinsesti, ma da qui ad avere le doti di direttore di rete ce ne corre. Fabiano, che non si è mosso male passando dal marketing dell’azienda a RaiUno, viene passato a RaiDue in quanto giovane per una rete giovane. Perdonandogli pure il grave errore di Fazio… che secondo Yoda ha soltanto subìto. Della Enni si sa che si è sempre agitata molto nei corridoi e nelle riunioni come esperta di tecnologie… e ora improvvisamente la ritroviamo alla guida dei contenuti di tre canali digitali. Mah! Che Teodoli ed Enni fossero già vicedirettori di rete non vuol dire nulla, a nessuno si nega una vicedirezione dopo tanti anni sulla breccia magari anche grazie a qualche sostegno di carattere politico.
Insomma, la Rai, come sempre avvenuto, è l’emblema di un Paese in cui il potere – oggi ancora renziano – sposta le pedine sulla tastiera del gioco del 15 dimenticando regole e competenze, confondendo i propri desideri con progetti praticabili e capaci di ottenere risultati. Eterni dilettanti allo sbaraglio, che hanno pure il coraggio di giudicare acerbi per la gestione della cosa pubblica quelli del Movimento 5 stelle…