Finalmente la bozza è stata ultimata e presentata ieri al Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il contratto di governo Lega-M5s, concertato con l’ambizione di regolare ogni qualsivoglia infinitesimo e possibile argomento di governo tra i due partiti, inizialmente includeva financo il dettaglio più particolareggiato. Ciò spiega perché abbiamo assistito fino a pochi giorni fa al frenetico balletto delle dichiarazioni: “Abbiamo chiuso”, “No, abbiamo quasi chiuso”, “Tranquilli, stiamo per chiudere”, “Ancora poche ore e poi chiudiamo”, “Il contratto è abbastanza chiuso”, “No, è relativamente chiuso”, “Macché, è solo parzialmente chiuso”, “Ecco, è chiuso ma non del tutto chiuso”, “È diversamente chiuso”, e via chiudendo, schiudendo e richiudendo.
Come mai queste lungaggini? Semplice: la prima versione, preparata dallo staff grillino, comprendeva più pagine di un vecchio elenco delle Pagine Gialle, un’abbondanza finalizzata a normare una mole di temi distribuiti, in rigoroso ordine alfabetico, dalla A di “Acqua pubblica” alla Z di “Zanzare: come fermare l’invasione”.
Da parte leghista, invece, Roberto Calderoli, già ministro per la Semplificazione legislativa, ligio alla sua insofferenza per troppi commi e testi normativi eccessivi, aveva preparato una versione più snella, composta da un solo articolo di un solo comma: “Da Acqua pubblica a Zanzare: come fermare l’invasione, il governo adotta una sola linea: föra di ball tutt i nègher e i maghrebìt!“.
Capite bene come trovare una sintesi efficace tra due capitolati così diversi sia stato un compito al limite del proibitivo. E su molti singoli capitoli l’intesa si è rivelata fin da subito molto ardua. Lo scoglio più impervio si è presentato al momento di affrontare il capitolo 115 della versione originaria grillina, dedicata al tema “Esigenze fondamentali dei dipendenti della Pubblica Amministrazione”. Sul paragrafo “Pause caffè dei dipendenti pubblici per aumentare la produttività del servizio senza intaccare troppo la qualità della vita dei soggetti impiegati in uffici pubblici” si è consumato un accesissimo dibattito. I grillini avrebbero voluto introdurre il “reddito di torrefazione” (in pratica, a ogni dipendente pubblico sarebbe stato assegnato un bonus per le pause caffè alle macchinette o al bar da 780 euro mensili), mentre i leghisti contrapponevano la cosiddetta “flat tazz” (un’unica tazzina di caffè ristretto con la possibilità di utilizzare due dosaggi di zucchero: al 15% o al 20%). La discussione, animata a tal punto da bloccare i lavori, non si è fermata neppure alla buvette di Montecitorio, dove, tra un cappuccino e un cornetto alla crema non si è visto un solo leghista uno – sia detto per dovere di cronaca – ordinare al banco un “marocchino”. Come uscirne? Toccherà al nuovo premier risolvere la questione.
Alla fine, superate molte asperità, limature e correzioni, su tutti gli altri temi la versione definitiva è arrivata in porto. E leggendone il testo, si può serenamente affermare che dal punto di vista lessicale sembra aver vinto la linea della Lega all’insegna del motto “Prima gli italiani”. Le parole “italiano”, “italiana”, “italiani” e “italiane” sono infilate un po’ ovunque. Niente a che vedere, beninteso, con quanto previsto dalla primigenia stesura emendata dai leghisti. Vi riportiamo, a mo’ di esempio, il capitolo sull’acqua pubblica (gli argomenti vanno in ordine alfabetico) così come era stato corretto dai maggiorenti di Salvini (in corsivo le correzioni apportate): “È italianamente necessario investire sul servizio idrico integrato italiano di natura pubblica italiana applicando la volontà popolare italiana espressa nel referendum italiano del 2011, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica italiana, garantendo la qualità dell’acqua italiana, le esigenze e la salute di ogni cittadino italiano, anche attraverso la costituzione di società di servizi italiane a livello localeitaliano per la gestione pubblica dell’acqua italiana“.
Dopo aver letto questo passaggio, molto sovranista e nazionalista, Rocco Casalino, portavoce dei 5 Stelle, ha esclamato: “Se il contratto è tutto così… italianissimo, propongo alla sua guida un premier italiano vero: Toto Cutugno”. A quel punto, la delegazione leghista si è alzata in piedi abbracciando con commozione Rocco e salutandolo con un caloroso “Grande, fratello!”.
Ad affratellare ulteriormente la combriccola politica, la stura di un “Primitivo del Salento”, vino delle zone di Casalino, al cui brindisi si è volentieri unito lo stesso Calderoli, esclamando: “Un rosso italiano, nel gusto ma soprattutto nel nome (Primitivo, non certo Salento), che mi rappresenta bene. Prosit!”.
Ora, se son rose fioriranno, e se saran vitigni (come si potrebbe evincere dall’intesa enologica degli alleati giallo-verdi) che non facciano tanti pampini e poca uva!