New York. Jake è un ragazzo problematico di quattordici anni. I suoi sogni sono tormentati da oscure presenze e da macabre immagini che fissa in inquietanti disegni in bianco e nero. Sogni che, nella vita, lo rendono aggressivo e asociale. Benché la madre cerchi di comprenderlo, il patrigno spinge per mandarlo in una clinica che sembrerebbe poterlo tranquillizzare. Ma gli infermieri che giungono a casa per prelevarlo portano i segni inequivocabili dei terribili personaggi dei suoi sogni. Spaventato e impaurito, decide di scappare per cercare di capire quale realtà si nasconde dietro all’apparente normalità degli umani. Scoprirà un mondo parallelo, dominato da ataviche forze demoniache che minacciano la fine del mondo.
Come per ogni film che nasce a partire da un’opera di Stephen King, le aspettative crescono. E La torre nera non è da meno, accompagnato da un trailer ricco e ambizioso. Esso è molto più di un film ispirato a un romanzo. È l’insieme e al tempo stesso l’evoluzione di ben otto romanzi dedicati alla Torre e alla lotta tra il bene e il male. King vi ha messo mano già dall’età di 22 anni e, solo ora, ha trovato una produzione motivata e appassionata al progetto, guidata da Nikolaj Arcel, regista a suo dire fan sfegatato del mondo fantastico e tenebroso di King.
Le premesse cariche di entusiasmo si infrangono presto in un prodotto commerciale senza particolari eccellenze. La torre nera si rivela essere un film un po’ pasticciato, abile forse nel catturare suggestioni da film e generi molto differenti, ma molto meno capace di farne un’opera coerente, suggestiva, spettacolare. A una manciata di scenari fantasy da urlo, che ci aiutano a immaginare tutto quello che il film sarebbe potuto essere stato, ma non è, si accompagnano effetti speciali da kolossal low cost.
A dominare la scena è il fiero Roland, interpretato da Idris Elba, gran pistolero doc buono, brutto e cattivo, capace di accentrare le virtù del cowboy dal grilletto infallibile, del gangster sparacolpi a ripetizione, dell’eroe dalle movenze magiche alla Matrix, del supereoe instancabile e inaffondabile. Più personaggi in uno, poiché sono più film in uno, grazie ai suoi sbalzi narrativi e stilistici che lo fanno viaggiare trasversalmente tra la realtà e l’irrealtà, in una commistione di generi che lo appesantisce e lo squalifica.
La torre nera sembra un giocattolo compiacente di sé, delle sue trovate e delle sue continue spettacolarizzazioni pensate per assecondare il grande pubblico. E il botteghino americano infatti lo sta premiando. Ma la sua sostanza è poca. Il bene contro il male, il ragazzo predestinato, il mentore coraggioso, il gran cattivo, altisonante e spietato (Matthew McConaughey). C’è persino il veggente, a chiudere una trama soprannaturale senza misura, nella quale si gioca per, indovinate un po’, salvare il mondo.
Una trama che in realtà promette bene nel suo esordio cittadino, con il giovane quattordicenne e problematico Jake che vede quello che gli altri non vedono. C’è abbastanza per farne un esordio da horror psicologico che si popola di creature oscure e violente. Cresce la tensione fino a quando esplode, tra le mani del regista, in un pot-pourri d’avventura e fantasia. Niente di così malvagio per le torride serate estive. Ma anche niente di così memorabile nel suo genere e nel lungo elenco cinematografico di Stephen King, che ha seguito da vicino la sceneggiatura e le principali scelte produttive.
Sotto traccia, la morale è sempre quella: se sei speciale, può anche capitarti di salvare il mondo. Pensaci, non si sa mai…