Salvatore Cucchiara, conosciuto come Tony, celebre ed eclettico artista è morto a Roma all’età di 80 anni. Per il mondo dello spettacolo italiano l’addio di Tony Cucchiara rappresenta la fine di un’epoca. L’artista, nato ad Agrigento, ha contribuito ad una grossa produzione della musica, dello spettacolo, della radio e della televisione, oltre ad esser stato l’artefice della realizzazione di alcuni programmi televisivi che ancora oggi seguono l’onda del successo. Negli anni 60 partecipa al Cantagiro e a Un disco per l’estate, oltre ad una partecipazione al festival di Sanremo con la canzone “Annalisa”; altri suoi testi celebri erano “Preghiera”, “Se vuoi andare vai”, “Ciao arrivederci”. Ma Tony Cucchiara ha dedicato lunghi anni della sua vita al genere del musical, inserendo elementi innovativi e diversi da quello americano. Sue le firme di “Caino e Abele”, “Il conte di Montecristo” e “Pipino il breve”(quest’ultimo portato anche sul palcoscenico di Broadway). Il talento e la creatività di Cucchiara si sono rivelate utili anche per la Rai: è lui uno degli autori di “Uno mattina” e “In famiglia”.
DALLA SICILIA AL GRANDE PUBBLICO
L’addio di Tony Cucchiara rappresenta un’altra perdita per lo spettacolo italiano. L’artista seguì l’intraprendenza di altri suoi concittadini: Pippo Baudo, con cui negli anni 60 è ospite del programma televisivo “Il fico d’india”. E Michele Guardì, noto regista di programmi televisivi targati Rai con cui Cucchiara avvia una grande produzione artistica che sarà la fortuna della televisione pubblica. Se si pensa a due programmi televisivi come “Uno mattina” e “In famiglia” si può ben dire che la Rai deve esser grata al talento di Cucchiara. Di questi due programmi ne è stato l’autore e ormai rappresentano una compagnia all’interno delle case di molti italiani. Michele Guardì a la Stampa ricorda il suo amico: “Va ricordato per l’amore con il quale ha rappresentato in teatro la nostra terra. Un grande artista, ma anche un grande lavoratore. Siamo stati vicini per decine di anni in televisione dove, pur essendo un “numero uno”, ha sempre lavorato alla pari e senza montare in cattedra con tutti noi suoi colleghi. Con lui se ne va un pezzo importante della storia dello spettacolo in Italia”.