Mitch Ripp è un giovane e promettente atleta americano, profondamente innamorato della sua fidanzata e pronto a sposarla. Quando la loro dolce storia d’amore verrà interrotta da uno spietato attacco terroristico, Mitch cercherà consolazione nella vendetta, provando a introdursi nei commando islamici, fingendo di volersi sacrificare per Allah. Notato dalla CIA inizierà un duro percorso di addestramento che lo porterà, attraverso violenze fisiche e psicologiche, a far parte di una rischiosa missione per recuperare plutonio atomico nelle mani dei terroristi, al fianco del veterano di guerra Stan Hurley.
American Assassin è una delle infinite repliche di spy thriller nato da una variazione sul tema del capostipite James Bond, personaggio evergreen della storia del cinema. Al centro della scena Mitch Ripp, apparso per la prima volta nel 1999 nei romanzi di Vince Flynn, scrittore americano di fama mondiale, scomparso prematuramente nel 2013. Dalla caduta del muro di Berlino, passando per l’11 settembre americano, le inquietudini internazionali sono molto cambiate, avvicinandoci in modo sempre più pressante e drammatico al tema del terrorismo, che da minaccia si trasforma in realtà.
Dall’apocalittica paura della guerra atomica finora inesplosa siamo caduti infatti nella brace della tragedia nazionale e familiare, capace di sconvolgere in modo ancora più drammatico, imprevedibile e impattante l’esistenza delle persone. È questa la prima novità di questa storia di spionaggio che trova origine dall’amore profondo e sincero di due giovani, un amore che ci conquista tra le onde e le spiagge di un’esotica località turistica. Proprio là, dopo una commuovente e romantica richiesta di matrimonio esplode il dolore di Mitch, privato della dolce metà sottratta alla vita dalle braccia violente e insanguinate di un gruppo di terroristi.
Una scena spietata e drammatica, che ci riporta alla memoria le infinite scene di dolore nel lungo elenco di infamia, codardia e fanatismo religioso che il mondo contemporaneo continua a registrare.
È forse questo crudele esordio che ci porta al fianco di Mitch con generosa compassione verso un ragazzo che si trasforma in una macchina di vendetta. Dylan O’Brien, attore emergente e apprezzato nell’adolescenziale The Maze Runner, è prima il viso innocente dell’amore romantico, sconvolto dall’infinito patire e trasformato in un volto spietato e segnato da violenza. Un personaggio a suo modo inconsueto, di età molto giovane per il suo ruolo e forse per questo piacevolmente originale, in una storia sommariamente consueta. Seguiamo i suoi tormenti che lo spingono a riprogettare la sua vita in un percorso di sfida al terrore islamico.
A dare manforte all’incontenibile e ribelle protagonista troviamo Michael Keaton, credibile e arrogante professore di violenza in una “Farmhouse” della CIA, centro di addestramento e formazione di Stato, creato per coltivare il talento omicida della giovane e motivata recluta, per trasformarlo in un assassino di Stato. È questa la riflessione del titolo, che celebra e giustifica la fabbrica americana che produce mostri per sconfiggere mostri, scegliendo in qualche modo il male minore.
Poche, come è giusto che sia, le riflessioni del film che preferisce dare spazio all’azione, accompagnandoci in due ore di piacevole intrattenimento, dominato da complotti, tradimenti, torture, proiettili ed esplosioni, nel rispetto del genere e dei bisogni dello spettatore maschile, in cerca di distrazione. Il viaggio di vendetta personale, trafitto da semi di patriottismo, ci porta tra l’America e Tripoli, per chiudersi a Roma dove scopriamo, tra meraviglia architettonica e periferia degradata, il beneplacito della mafia italiana a supporto del terrorismo internazionale.
American Assassin, girato con buone doti registiche da Michael Cuesta, finisce per essere una discreta puntata di genere, pronta a occupare il palinsesto cinematografico dei prossimi anni, insieme a Bond, Hunt, Bourne e compagnia sparante.