Robert Redford e Jane Fonda, coppia di “mostri sacri” hollywoodiani della miglior leva, riceveranno questa sera il Leone d’Oro alla Carriera nell’ambito della 74-esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. La premiazione farà da preambolo alla presentazione dell’ultimo film da loro interpretato: Our Souls at Night, storia delicata in bilico tra memoria e sentimento struggente, diretta dall’indiano Ritesh Batra e prodotta dalla Wildewood Enterprises dello stesso Redford.
Pare, come si legge in diversi commenti, che la motivazione del doppio riconoscimento risieda nel fatto che il tema di molte delle pellicole in Concorso sia quello della coppia, intesa proprio nella sua principale accezione di relazione – affettiva, amorosa, sessuale – tra uomo e donna. Ebbene, in tema di coppia, il neo ottantunenne Redford e la quasi ottantenne Fonda, due dei più bravi e amati primattori di sempre, riescono ancora a interessare e commuovere nel film di Batra, ispirati da sondato mestiere e da un affiatamento artistico che ha radici profonde e lontane. Un’amicizia sincera e antica la loro, nata oltre cinquant’anni fa sui set cinematografici, come da loro stessi ribadito nelle recenti dichiarazioni veneziane.
Redford e la Fonda hanno recitato insieme la prima volta nel film La caccia di Arthur Penn, storia di sangue e ottusa violenza nel sud provinciale e chiuso, al fianco di un insolito Marlon Brando. Era il 1966, per entrambi il film di Penn rappresentava una conferma, dopo i buoni esordi, dalle parti del cinema che conta. Episodio che ha innestato tra loro un’affinità elettiva in termini artistici, quell’alchimia che entrambi riconoscono esserci ogni volta che si ritrovano a recitare insieme. E ogni volta è stato nei panni di una coppia di amanti, di sposi o di fidanzati. Li ricordiamo infatti anche volenterosi sposini novelli nella celebre commedia – oggi un po’ datata, in verità – A piedi nudi nel parco (1967), tratta dall’omonima piece teatrale di Neil Simon e diretta del maestro del genere Gene Saks. Ultimo film da co-protagonisti totali, prima dell’attuale in promozione a Venezia, è stato Il cavaliere elettrico (1979), western atipico di taglio vagamente ecologista e con l’immancabile risvolto sentimentale, diretto da quel Sydney Pollack che è divenuto negli anni amico e regista preferito di Redford (col quale ha fondato nel 1990 il Sundance Film Festival).
Charles Robert Redford jr., nato a Santa Monica nel 1936, esordito a Broadway quasi per caso nel 1958 prima di decollare a Hollywood, ha vinto numerosi premi ma mai l’Oscar come attore protagonista, nonostante la nomination per La Stangata (G. R. Hill, 1973). Per lui solo – si fa per dire – quello alla regia (inatteso) per Gente comune (1980) e quello alla carriera nel 2002. Invece Jane Seymour Fonda, nata a New York nel 1937, figlia, sorella e zia d’arte (rispettivamente del monumento hollywoodiano Henry Fonda, di Peter Fonda e della di lui figlia Bridget), contrariamente a Redford non ha (ancora) ricevuto l’Academy Award alla carriera; ma due Oscar di quelli “veri”, per l’attrice protagonista, sì: il primo per Una squillo per l’Ispettore Klute (Alan J. Pakula, 1971), il secondo per Tornando a casa (H. Ashby, 1978).
Entrambi di spirito liberal, Jane si definisce femminista e pacifista (fu in prima linea contro la guerra in Vietnam negli anni Settanta), intenti comuni all’amico Robert, che si è attivato per la salvaguardia ambientale nell’Ovest del suo Paese. “Bob e io siamo sempre stati due anime unite dallo stesso spirito di libertà, di democratica e gentile trasgressione, (…), siamo due hippie mascherati da borghesi perbene”, sostiene Jane in una recente dichiarazione. I due vecchi amici arrivano a questa kermesse veneziana con alle spalle una carriera costellata di film di successo, nonché di numerosi riconoscimenti di critica e pubblico, come di premi. Quello veneziano di questa sera, animato come detto dal tema delle relazioni amorose a due, pare allora quanto mai appropriato, visto che loro, come già detto, quando si sono trovati nello stesso film hanno sempre interpretato una coppia in senso stretto. Non fa eccezione l’ultimo, il citato e, si dice, delicatissimo Our Souls at Night. Si augura una buona visione al pubblico presente.
Per finire una breve considerazione sui premi festivalieri e dintorni, nonché un affettuoso ricordo del grande Jerry Lewis, da poco scomparso. Sottolineiamo con piacere che Venezia si ricordò della sua insuperabile arte attoriale con il Leone d’Oro alla Carriera nel 1999, cosa che la sua (per dire) Hollywood colpevolmente non seppe – o non volle – fare: nessun Oscar per lui, nemmeno alla carriera, pateticamente sostituito da un premio minore con motivazioni umanitarie, che Jerry molto signorilmente non rifiutò. E già che ci siamo rammentiamo che nemmeno Alfred Hitchcock, né Stanley Kubrick (dicasi Hitchcock e Kubrick) non hanno mai avuto un Oscar per la regia, pur avendo diretto in due, cominciando il computo dal 1930 (da quando esiste il premio), qualcosa come cinquantasette film, almeno otto dei quali autentici capolavori.
La nostra Italia si segnala allora come luogo dove l’arte e le capacità individuali degli interpreti e degli autori vengono giustamente celebrate e premiate. Un “più” ai responsabili della Biennale di Venezia per il riconoscimento di questa sera e un “meno” ai notabili sopracciò dell’Academy americana.