La Commissione Bilancio del Senato ha approvato il decreto di Ferragosto domenica notte allo scopo di portarlo in Aula oggi. Al testo iniziale e agli emendamenti presentati dal Governo e dal relatore sono state votate delle modifiche che, oggettivamente, hanno migliorato alcune norme e soppresse o modificate altre inopportune o sbagliate. Talune modifiche (per quanto riguarda gli aspetti della rappresentatività, dei rapporti tra i diversi livelli di contrattazione e tra legge e contratto) sono state effettuate anche nel caso dell’articolo 8, in cui sono contenute le (uniche?) misure a favore dello sviluppo e della crescita economica attraverso strumenti tali da riconoscere alle imprese, mediante la contrattazione collettiva, una maggiore flessibilità nel campo delle relazioni industriali e dell’organizzazione del lavoro.
In particolare, l’articolo si premura di dare forza e sostegno ai contratti decentrati, anche con procedure in grado di attribuire loro validità erga omnes. E’ quanto ha fatto, ad esempio, alcuni mesi or sono il Governo spagnolo. Trascorsi otto mesi di inconcludenti negoziati, il premier Zapatero ha varato, per decreto legge, una riforma delle relazioni industriali, incentrata sul primato della contrattazione aziendale, che ha assunto carattere di “priorità applicativa” rispetto ai contratti nazionali di categoria o regionali in ben sei materie che in pratica riassumano gli aspetti determinanti del rapporto di lavoro: stipendi, orario di lavoro, straordinario, qualifiche, modalità contrattuali e conciliazione tra lavoro e famiglia. In sostanza, nella stessa Spagna si sono ampliati quei principi della derogabilità (anche in pejus), che sono oggetto di dibattito in tutto il Vecchio Continente e si collocano nell’ambito del contributo che i sindacati e le imprese hanno fornito al miracolo tedesco. Per farla breve, quella adattabilità delle regole contrattuali che Sergio Marchionne (anche mediante il miglioramento delle retribuzioni), rivendica da mesi, raccogliendo solo scioperi, insulti ed incomprensioni ha trovato le porte spalancate in Spagna ad opera di uno degli ultimi esecutivi a direzione socialista in Europa, impegnato a garantirsi un po’ di credibilità da parte delle istituzioni e degli osservatori internazionali chiamati a valutare il piano di risanamento proposto dal Governo.
Ma da noi il clou è toccato a quella parte dell’articolo 8 che viene accusata di interferire con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (se non addirittura di manometterlo). E al solito volano le accuse devastanti a cui ricorrono la sinistra e la Cgil: attentato alla Costituzione, mortificazione dei diritti e quant’altro.
Anche i titoli dei quotidiani che hanno aperto su questa notizia rischiano di presentare la questione in termini non corrispondenti al vero, quando affermano che con il sì dei sindacati si potrà licenziare, come se fosse venuta meno ogni forma di tutela contro il recesso illegittimo. E’ opportuno spiegare, dunque, che l’art 8 della manovra non modifica affatto l’art 18 dello Statuto dei lavoratori, il quale stabilisce che, nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti, il recesso illegittimo è sanzionato in sede giudiziaria con la reintegra nel posto di lavoro. Questa disciplina è sicuramente da annoverare tra le cause del “nanismo” della struttura produttiva italiana (poiché le imprese fanno il possibile per mantenere una dimensione che le sottragga dall’applicazione dell’articolo 18) nonché del dualismo del mercato del lavoro e quindi della diffusione anomala dei rapporti flessibili e precari.
La reintegra – una connotazione giuridica tutta italiana – non può essere inclusa, poi, tra i diritti inderogabili dei lavoratori per un dato molto semplice ed evidente: una quota importante – forse addirittura maggioritaria – del mondo del lavoro occupata nelle aziende con meno di 15 dipendenti può disporre soltanto – a termini di legge – di una tutela di carattere risarcitorio ragguagliata ad alcune mensilità di retribuzione nel caso in cui il recesso sia giudicato ingiustificato. Tutto ciò è tanto più vero se si considera che gli italiani hanno confermato questo assetto normativo facendo mancare il quorum in un referendum popolare che voleva estendere l’applicazione dell’articolo 18 della legge n.300 del 1970 a tutti i lavoratori a prescindere dalle dimensioni dell’impresa. In buona sostanza, i lavoratori hanno sicuramente diritto ad essere tutelati in caso di licenziamento illegittimo, ma la reintegra è solo una delle modalità possibili con cui si esercita tale tutela.
Come tale, è sicuramente derogabile. Che cosa si propone adesso il nuovo articolo 8 del decreto di ferragosto? Si tratta di consentire alle parti sociali di derogare, mediante la contrattazione di prossimità (ovvero quella più vicina all’impresa) dalle normative uniformi per valorizzare, invece, le effettive differenze, assumendosi anche la responsabilità di promuovere flessibilità organizzative e produttive. L’articolo 8 del decreto legge consente, infatti, ad organizzazioni comparativamente più rappresentative di negoziare, tra le altre materie, anche gli effetti e le conseguenze del recesso dal rapporto del lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e per quello in occasione di matrimonio e in altri casi come la tutela della maternità (che mantengono il diritto a reintegra).
Non vi è, quindi, nessuna revisione per via legislativa dell’articolo 18 della legge 300, ma si concede alle parti di negoziare, in particolari condizioni del mercato del lavoro e in determinate aree del Paese, una tutela più leggera (il risarcimento del danno) in caso di licenziamento ritenuto illegittimo dal giudice, salvi i casi già citati in cui non sono ammesse deroghe. Sempre nel Titolo III (oltre a quanto previsto in merito alla vicenda Fiat, i cui accordi di Pomigliano, Mirafiori ed Ex Bertone erano stati espunti dall’intesa del 28 giugno scorso, mentre grazie al decreto questa data non avrà più alcun ruolo discriminante, in quanto basterà che vi sia stata l’approvazione da parte della maggioranza dei lavoratori perché l’accordo raggiunto in azienda abbia validità erga omnes) vanno poi segnalati il rafforzamento del controllo sulle pratiche di tirocinio ed una disposizione di carattere penale rivolta a contrastare l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.