Tra le mille attività che occupano Fiat in questi mesi c’è anche quella noiosissima e un po’ fuori moda di comunicare i risultati al mercato; è quello che è successo ieri con l’approvazione dei conti del primo trimestre. Tralasciamo ogni suspence per arrivare al finale della storia in cui Fiat chiude la giornata borsistica con un rotondo +4,6%.
Nei primi tre mesi dell’anno succede questo: il Brasile continua ad andare benissimo, l’Europa (Italia esclusa) tiene, mentre nel nostro Paese si vede un mezzo disastro dopo gli incentivi dello scorso anno. Il declino complessivo dell’auto viene più che bilanciato da Ferrari. In tutto questo il debito scende grazie anche all’ormai cronica avarizia in tema di investimenti.
Ma al contrario di quasi qualsiasi altra società del mondo non sono i risultati a contare. La storia industriale, finanziaria e borsistica di Fiat in questo momento vede davanti a sé un unico grande appuntamento e un unico punto di svolta, epocale, rappresentato dalla fusione con Chrysler. I toni enfatici non sono messi a caso; il gruppo Fiat dopo la fusione sarà un’altra realtà rispetto a prima con il raddoppio delle dimensioni e l’ingresso in grande stile nel mercato americano.
Fiat passerà dall’essere un operatore europeo di piccole dimensioni nel mercato mondiale dell’auto a uno globale di medie dimensioni con la possibilità di fare il salto definitivo con un’altra fusione. Un passo fondamentale verso quella scala dimensionale che dovrebbe mettere il gruppo al riparo dalle conseguenze di cicli economici negativi. È quindi naturale e anche comprensibile una certa fatica del gruppo nel portare avanti oltre all’attività “ordinaria”, anche lanci di nuovi modelli e campagne in grande stile; non si può pretendere che una struttura che sta puntando a bruciare le tappe per chiudere il “deal” della vita non mostri qualche affanno nei confronti di chi non ha davanti a sé un tale sforzo industriale.
Questa però è ormai storia; se c’è una cosa, oltre a tutti i successi industriali e finanziari, in cui Marchionne è riuscito è stata quella di lasciare indietro di sei mesi commentatori, sindacati e politici. Mentre si parla del raggiungimento del 51% in Chrysler, previsto come vedremo per la fine del 2011, nessuno si chiede cosa ci sarà dopo il raggiungimento di questa soglia. Il traguardo del 51%, per cui occorrerà superare ancora diverse tappe intermedie, non è la “novità” di Fiat; o meglio è la novità di Fiat per chi guarda il dito e non la luna. La domanda più interessante è: cosa farà Marchionne una volta che avrà il 51%?
Il percorso ammettiamo è abbastanza interessante. Fiat ha avuto il 20% “gratis”, poi è salita di un ulteriore 10% (sempre gratis) in due fasi da 5% l’una con la produzione negli Usa di un motore basato sulla famiglie Fire (andrà nella 500) e il raggiungimento di un miliardo e mezzo di dollari di ricavi per Chrysler fuori dall’area Nafta. Ora rimane l’ultimo 5% gratis con il lancio di una vettura a basse emissioni (dovrebbe essere il Dodge Avenger previsto per fine anno), ma soprattutto il 16% che dovrà essere pagato.
Quest’ultimo è il punto che potrebbe aiutare a capire un po’ di più il comportamento di Fiat negli ultimi mesi; l’ultimo 16% potrà essere comprato dopo che Chrysler avrà rimborsato i fondi concessi durante la crisi dal governo americano. Il prezzo verrà determinato in base ai multipli di borsa a cui tratta Fiat. Ciò può spiegare la mancanza di brillantezza di Fiat negli ultimi mesi; in un certo senso Fiat non si preoccupa del fatto che il mercato possa pensare male delle proprie prospettive industriali, anzi in fondo non gli dispiace affatto. Più il mercato pensa male di Fiat, meno Fiat pagherà il 16% di Chrysler con risparmi che possono essere anche di centinaia di milioni di euro.
Ma come dicevamo questa è la storia, è un futuro già scritto. La svolta sarà dopo il raggiungimento del 51%, quando Fiat si fonderà con Chrysler. La differenza sarà se Fiat deciderà di rimanere italiana o di diventare un gruppo americano. Nel primo caso, Exor controllerà il 20/25% di un gruppo italiano valutato ai multipli dei carmaker europei e soggetto alle richieste o pretese del “sistema Italia” sia a livello politico che sindacale. Altrimenti, Fiat può valutare l’ipotesi americana.
È una strada con una serie di aspetti positivi, finanziari e industriali, difficilmente contestabili. Dal punto di vista finanziario-borsistico, i multipli riconosciuti ai carmaker americani sono superiori (il doppio) a quelli europei; un elemento che non può lasciare indifferenti gli azionisti di maggioranza e di minoranza. Prendere sede a Detroit vuol dire guadagnare una libertà operativa impensabile in Europa e ancora di più in Italia, con condizionamenti politici e sindacali infinitamente minori, oltre che continuare a essere percepiti come americani nella testa dei consumatori Usa con le evidenti, positive, conseguenze in termini di marketing. Considerato che a marzo Chrysler in America ha venduto più del doppio delle auto vendute da Fiat in Italia si capisce che, su quest’ultimo punto, i vantaggi sono superiori agli svantaggi.
Poi c’è il futuro del futuro. Exor manterrebbe un veicolo controllato al 30%, Fiat spa, che a sua volta controllerebbe il gruppo Fiat-Chrysler con più del 50% (probabilmente una quota vicina al 70%). Questo lascerebbe a Fiat la possibilità di aggregare un terzo operatore senza perdere il controllo, raggiungendo il fatidico numero di sei milioni di auto prodotte all’anno.
Quando si guarda alla vicenda Fiat è sconsigliato farsi distrarre dal breve-medio termine e invece fortemente consigliato continuare a chiedersi quale sia l’obiettivo finale. È il modo migliore anche per chi vuole garanzie sulla presenza in Italia per non trovarsi di fronte al fatto compiuto quando il tempo delle trattative è palesemente finito da un pezzo. Soprattutto se anche il sistema americano vanta crediti pesanti per il salvataggio di Chrysler con soldi pubblici e il suo “regalo” a Fiat.