Dopo un giorno pieno di contrattazioni e mercati aperti dall’attesissimo Quantitative easing europeo e dopo aver digerito già una discreta quantità di analisi e commenti si possono tirare le prime somme di quanto visto sul mercato. In realtà, dopo l’exploit di giovedì ieri il mercato è parso avere un po’ il fiato corto: lo spread Btp-Bund è salito dai minimi di giovedì e il mercato azionario ha chiuso con un modesto +0,24%. È chiaro, per molte ragioni, che non si può ricavare da questi dati un fallimento o una delusione del mercato.
Il Btp ha raggiunto i massimi di sempre così come il Bonos, il cambio euro/dollaro si è portato su livelli che non si vedevano dal 2003 e il derelitto mercato italiano (che sta ancora a meno della metà dei massimi pre-crisi) viaggia alla ragguardevole velocità dell’8% in tre settimane dall’inizio dell’anno.
La decisione di giovedì era attesa e anticipata da diverse settimane e negli ultimi giorni si era capito che Draghi stava vincendo la sua partita. Le turbolenze politiche in Grecia, i dati economici scoraggianti e l’affacciarsi della deflazione non avevano spostato i mercati. Certo, da giovedì si è più tranquilli e si è fatta strada l’idea che sia abbastanza difficile almeno per un altro bel pezzo andare corti di azioni o obbligazioni; la rete di sicurezza stesa dalla Bce è qualcosa di tangibile e una delle poche certezze in una fase che in verità rimane abbastanza complicata.
Non è poco, anzi, ma difficilmente può essere una condizione sufficiente per rispondere a tutte le questioni in gioco, specialmente quelle che riguardano i problemi, ormai pluriennali, di assenza di crescita e di miglioramenti sul mercato del lavoro. Per rendere meglio l’idea, si possono citare le parole dello strategista di Deutsche Bank dopo l’annuncio di giovedì: “Se credete che la mancanza di riforme strutturali, la crescente diseguaglianza e bassi stimoli fiscali stiano impedendo la crescita, allora l’annuncio di ieri difficilmente cambia lo scenario di lungo termine. Anzi, potrebbe persino impedire miglioramenti”. L’istituto da cui proviene questa analisi probabilmente riflette il punto di vista tedesco, ma la puntualizzazione non è affatto priva di ragioni.
Scesa la polvere alzata dall’annuncio di giovedì, lasciata entrare nella mente degli investitori la “novità” e le sue conseguenze, è lecito chiedersi se e cosa cambierà davvero nella “economia reale”. La domanda agita anche gli investitori, perché incorporati gli effetti finanziari del Quantitative easing non si può ignorare che i ricavi e gli utili delle aziende che vendono in Europa sono ancora schiacciati su livelli molto bassi (le sofferenze delle banche ne sono una prova) e la “ripresa” di cui si parla è forse più dovuta al fatto che quei risultati sono incomprimibili a meno di ipotizzare scenari distruttivi.
Dopo quanto successo nella primavera del 2014 sui mercati, con le attese di ripresa in Europa clamorosamente smentite dai fatti, ci si può chiedere se il mercato sia ancora disposto a fare quella scommessa in assenza di qualsiasi dato che faccia credere che questa volta possa essere veramente diverso.
Nella primavera del 2014, poco più di sette mesi fa, quando impazzava la moda della scommessa sulla ripresa dell’Europa periferica, l’indice italiano era sopra del 10% circa rispetto alla chiusura di ieri sera; forse il mercato chiuderà questo gap o forse rimane una cautela di fondo rispetto a quasi sette anni di promesse non mantenute. Non è di certo uno zero virgola di crescita di Pil dopo sette anni di recessione che può far cambiare idea. Già domani con le elezioni greche si apre un nuovo fronte e un nuovo banco di prova per l’Europa, mentre nei prossimi mesi si vedrà se 1.100 miliardi di euro possono bastare per farle cambiare marcia.
L’impressione è che ci sia ancora molto da dimostrare e ancora molto da cambiare per cominciare a vedere una ripresa vera che cominci a incidere sulla mole di disoccupati, sulle imprese in difficoltà e sull’andamento dei prezzi. In Italia di riforme vere ed efficaci per il momento ne abbiamo viste poche, mentre, a proposito di Europa, ancora ieri giravano rumours di richieste di correzione di deficit all’Italia da parte della Commissione Ue. Al mercato tutto questo sicuramente non sfugge.