Secondo il Rapporto Eurispes 2015 il 40,1% degli italiani vorrebbe uscire dall’euro e il 55,5% di essi ritiene che la moneta unica abbia “indebolito l’economia”; la percentuale di cui sopra varrebbe una vittoria netta in un ipotetico referendum in cui si chiedesse di votare sulla permanenza nell’euro. Alla stessa domanda, anche solo cinque anni fa, probabilmente sarebbero arrivate risposte molto diverse e più benevole nei confronti della moneta unica, ma negli ultimi anni la distanza tra italiani ed euro si è allargata e con ogni probabilità le ricette di risanamento basate sulla “austerity” hanno contribuito in modo decisivo al disamoramento.
L’impatto economico delle strette fiscali, l’austerity, ha superato, in peggio, qualsiasi previsione. L’esempio più evidente di quello che “non piace” dell’Europa è proprio in questi giorni salito agli onori della cronaca con le elezioni in Grecia. Immaginiamo che allo stesso sondaggio sarebbe emersa in Grecia una percentuale di contrari all’euro superiore a quella italiana.
Proprio ieri si è tenuto il primo incontro ufficiale tra Unione europea e Grecia dell’era Tsipras in cui il ministro delle Finanze greco ha dichiarato di voler rivedere tutto il programma di salvataggio mentre il Presidente dell’eurogruppo ha messo in guardia da mosse unilaterali. A questo proposito può essere utile recuperare una lettera aperta di Tsipras ai tedeschi pubblicata sul quotidiano Handelsblatt prima delle elezioni e passata sostanzialmente inosservata a queste latitudini.
In questa lettera, Tsipras prova a spiegare le proprie ragioni ai tedeschi. Il neo primo ministro greco paragona l’Europa al peggiore dei banchieri che rifiutandosi di riconoscere un cattivo prestito aumenta i crediti al debitore per posticipare la bancarotta. Il ragionamento parte dalla constatazione che nel 2010 la Grecia ha cessato di essere in grado di ripagare il proprio debito; le ricette successive di concessioni di nuovi crediti e aumenti delle tasse hanno distrutto l’economia (ma salvato gli oligopoli privati) e quindi il debito oggi rimane “inservibile” esattamente come o di più che nel 2010, soprattutto, se, aggiunge Tsipras, i greci rimangono sottoposti a questa pressione fiscale. I cinque anni di fila di recessione, i dati sulla disoccupazione e l’aumento del debito sono effettivamente fatti difficilmente contestabili.
Lo stesso Tsipras proprio nella lettera in cui chiede agibilità economica e finanziaria è obbligato a toccare nel finale il punto più caro ai tedeschi e la loro maggiore preoccupazione e cioè che dare respiro ai greci potrebbe tradursi in un ritorno alle vecchie, cattive abitudini. La stessa osservazione è finita, con altre parole, nel commento dello strategista di Deutsche Bank al lancio del Quantitative easing della Bce, secondo cui non solo non spostava niente sul lato della competitività e delle riforme, ma anzi rischiava di far diminuire gli incentivi alle riforme. La risposta di Tsipras a questa obiezione è una rassicurazione sulla volontà di portare avanti riforme importanti. La posizione italiana non è molto diversa da quella della Grecia, ovviamente con le debite proporzioni di un’economia molto più competitiva.
Il rifiuto dell’euro emerso dal sondaggio è probabilmente il rifiuto delle politiche adottate finora dall’Europa per affrontare la crisi; in questo senso, e vista la cronaca recente, il dato è più che comprensibile. Rimane comunque sul tavolo la questione delle riforme che rimarrebbe, probabilmente con molta più urgenza, anche se l’Italia uscisse dall’euro domani. Uscire dall’euro non risolverebbe il problema di una burocrazia impazzita e senza più alcuna ragionevolezza, non farebbe tagliare la spesa pubblica improduttiva di cui ancora si vedono numerosissimi esempi, né solleverebbe le aziende dal dover convivere con un sistema giudiziario che farebbe scappare qualsiasi impresa estera; l’elenco può continuare ma l’idea è chiara. Uscire dall’euro potrebbe, a certe condizioni, anche essere una scelta giusta, ma pensare che sia la soluzione che consenta di far rimanere tutto com’è o com’era senza che ci siano sforzi per riformare è un’utopia molto rischiosa. Nemmeno la Grecia, che forse avrebbe più ragioni di chiunque altro, punta a uscire dall’euro essendosi accorta di quali siano i problemi veri.