Una canzone non è solo “due note e un ritornello” (citando Paolo Conte…), ma anche persone, fatti, ricordi, avvenimenti casuali, incontri imprevisti.
Una canzone non è mai “solo” un evento artistico o un oggetto da consumare, ma anche un pezzo di storia da raccontare.
Questa rubrica prova a mettere insieme quei cocci del destino che han portato alla nascita, al successo o all’oblio una melodia. Senza enfasi, ma – spesso – con quella stessa commozione partecipata che si avverte quando si leggono certi libri di storia.
A volte i musicisti non ci capiscono proprio niente di musica. A volte sono i peggiori giudici del lavoro, proprio o altrui che sia. E a volte capiscono poco, ma proprio poco anche della vita. Ci si può anche non credere, e quindi provo a fare un esempio.
Nel tardo 1977 un buon pianista di New York entra in studio di registrazione. Il suo nome è Billy Joel. Ha già inciso quattro dischi di cui uno, “Piano Man”, ha venduto oltre 4 milioni di copie. Qualcuno l’ha già paragonato a Elton John, qualcun altro dice che ha la stessa facilità di scrittura di Paul Simon, altri che è nato un nuovo Paul McCartney. Per fortuna Billy, classe 1949, è un pragmatico con i piedi per terra: nato nel Bronx più povero, suona il piano e tira di boxe fin da quando è bambino. Il piano gli serve per sognare, la boxe per difendersi. Sarà per questo che quando riesce a registrare il suo primo album un pezzo grosso gli dice “nelle foto di copertina non hai la faccia da pianista” e lui risponde “dopo venti incontri da professionista nemmeno tu avresti la faccia da discografico”.
Ma torniamo al ’77: Billy entra in studio con Phil Ramone, uno dei più osannati produttori americani, un personaggio che ha lavorato con tutti i big del pianeta, da BBKing a Pavarotti, da Aretha Franklin a Rod Stewart, portando più volte gente come Paul Simon, George Michael e James Taylor ai vertici delle loro produzioni.
Billy ha in tasca dodici canzoni e ci lavora su tra settembre e ottobre con un bello stuolo di musicisti (c’è pure Hiram Bullock alle chitarre e Richard Cannata ai sax); alla fine solo nove titoli sono scelti da Billy e Phil per il disco. Ma Billy non è ancora convinto, perché una canzone proprio non gli piace più: è Just the way you are.
Bellissima, ovattata e sorniona, l’ha scritta per sua moglie Elizabeth, gli sembrava una melodia vincente (nelle interviste dirà: “questa melodia l’ho sognata una notte, mi è venuta in mente mentre russavo, ma l’ho persa nel dormiveglia; poi un giorno durante una riunione discografica mi è ritornata in mente, allora mi sono alzato di corsa ho salutato tutti e sono andato al pianoforte: in 15 minuti era pronta”), ma proprio ora non vuole più inciderla.
La registrazione della canzone ripudiata è avvenuta nei primi giorni di lavoro e il provino è nello studio di Phil Ramone, dove casualmente l’ascoltano Phoebe Snow e – soprattutto – la grandissima Linda Ronstadt, vocalist eccezionale, la più richiesta da Eagles e Jackson Browne. Linda dice a Ramone: “ma sei matto a buttarla? Questa canzone sarà un successone……”. Il dado è tratto: il produttore parte con un braccio di ferro di giorni e giorni, e alla fine Just the way you are entra a far parte del disco in gestazione, che uscirà all’inizio del ’78 e che porterà il titolo di “The stranger”.
Come è andata a finire lo sanno (quasi) tutti: Just the way you are sarà il ’45 giri più venduto di Billy Joel, con circa 4 milioni di copie, vincendo anche ogni possibile premio in circolazione (Grammy Award in testa); grazie al traino di questa canzone “The stranger” venderà oltre 10 milioni di copie, conquistando 10 dischi di platino.
Cosa dice la canzone? Semplice: Rimani come sei, non cambiare per cercare di piacermi, accetto i tempi belli, accetterò i tempi duri, ti prometto che ti amo per sempre e così via, tutte cose che fanno grande il sogno dell’amore, che coronano il romanticismo di una melodia semplice e magnifica, che danno la sospirata percezione di qualcosa di eterno in una vita per altro finita.
Billy, insomma, si era sbagliato: per fortuna che Just the way you are non è andata nel cestino. Non a caso Diana Krall se l’è incisa per gettare un ponte suadente tra il suo pianismo jazz e la musica pop.
Dimenticavo: anche nella vita qualcosa non ha funzionato, perché Billy ed Elizabeth hanno divorziato nel 1982. Ma i musicisti, come dicevamo, si sbagliano spesso. Per fortuna che le canzoni rimangono.