Nell’ovattata atmosfera dell’aula in cui si riunisce la Commissione Parlamentare di Vigilanza, l’organismo che dovrebbe controllare la Rai per conto dell’Editore (il Tesoro e il Parlamento), il Presidente Tarantola e il Direttore Generale Gubitosi si sono presentati, a detta delle agenzie, con piglio aggressivo e manageriale. In molti sostengono che questa Commissione sia per eccellenza il luogo dell’ipocrisia, in quanto da sempre vi si proclamano gli alti compiti del servizio pubblico che, però, proprio grazie alle continue pressioni di politici e parlamentari, si è ridotto nello stato che la neo-presidente ha così stigmatizzato: “La Rai negli ultimi anni ha perso il rapporto di fiducia con i cittadini utenti che c’era negli anni Cinquanta e Sessanta […] Per uscire da questa crisi di sfiducia bisognerà offrire un prodotto diverso da quello realizzato negli anni scorsi […]. Esiste lo spazio per la missione del servizio pubblico: e si deve basare sulla qualità. Oggi la Rai deve operare in maniera diversa da come operava negli anni scorsi. Occorre una buona azienda che sappia stare sulle sue gambe in maniera efficace ed efficiente, altrimenti l’azienda muore […]. Azienda che rimane la prima azienda culturale del Paese. Il nuovo vertice, composto anche dal direttore generale Luigi Gubitosi, sta lavorando per ottenere un eccellente prodotto che sia anche economicamente sostenibile, dato che esiste ancora lo spazio e la necessità di un servizio pubblico, ma deve essere un po’ diverso. La Rai deve fare informazione, educazione e intrattenimento, come i privati, ma deve farle bene. E per farle bene deve essere un’azienda efficace”.
“Ma basta, basta e poi basta ingerenze esterne”, ha rimarcato Gubitosi a più riprese, rispondendo alle domande di parlamentari rimasti un po’ sbigottiti dal piglio manageriale dei loro interlocutori aziendali. Del resto, se così non sarà, complice anche il quadro macroeconomico mondiale, l’azienda rischia il tracollo, mentre “ha tutte le carte in regola per farcela”, se potrà liberamente lavorare. “Ho chiesto ai direttori Rai di non accettare pressioni esterne o dai consiglieri di amministrazione. I direttori – ha detto il Dg rispondendo alle domande dei commissari – non devono avere pressioni e se qualcuno le riceve deve avvertirmi. I consiglieri d’amministrazione devono evitare di fare pressioni. Se gli serve qualcosa possono chiedere a me”.
A confermare la linea di Gubitosi anche la presidente Tarantola: ”Ho chiesto ai consiglieri – ha detto – di concentrare le loro richieste al Dg, che, essendo il capo azienda, può dar seguito alle richieste ricevute”. E ha rincarato ancora Gubitosi: “Cercheremo di scontentare tutti nello stesso modo”. Se però ‘qualcuno’ è già approdato ai piani alti di viale Mazzini o ai vertici delle reti per nomina ‘politica’, come è prassi, se è “competente, eticamente irreprensibile e meritevole” può stare tranquillo, perché “se dovessi far fuori tutte le persone che sono in Rai con nomine politiche lavorerei da solo: faremo cambiamenti – ha detto Gubitosi – in funzione di competenza, merito ed etica”.
Fin qui la cronaca, e stando alle dichiarazioni di intenti dei due, al vostro vecchio Yoda non resterebbe che rallegrarsi. Ma la preoccupazione nasce dall’evidente incoerenza tra i proclami e le prime scelte dei due supermanager: i vertici Sipra (Amministratore Delegato, vicino al centro-destra, e il Presidente, vicinissimo all’Udc) hanno causato il disastro della raccolta pubblicitaria? Bene: loro hanno cacciato – e con ignominia – l’Ad, ma il Presidente uscente lo hanno subito nominato Presidente di Raiway! L’ex Dg Lorenza Lei ha guidato l’azienda verso una voragine appena scoperta di 150 milioni di euro di rosso… quindi, invece di intestarle un’azione di responsabilità per aver giocato con le cifre del bilancio, l’hanno subito promossa Ad della Sipra…
E i discorsi sul merito e la competenza dove sono finiti? E’ evidente che si tratta di mosse meramente politiche, magari obbligatorie, ma almeno le facessero senza rivendercele come mosse da supermanager! Quanto alle parole usate in Commissione di Vigilanza, dopo un po’ di mesi passati a studiare i dossier, ci saremmo aspettati qualcosa di più preciso e magari un po’ più sofisticato… invece ci è stato ammannito un po’ di qualunquismo spicciolo, con termini che nemmeno gli studenti del primo anno di marketing usano più: “qualità, efficienza, efficacia, diversità”.
Parole che non dicono nulla, non costano nulla, ma perfette per essere pronunciate nel tempio dell’ipocrisia. L’importante era invece annunciare ai politici che sarebbero stati tenuti alla larga, che all’azienda ci avrebbero pensato loro (senza nemmeno i consiglieri, invitati pubblicamente dal guardarsi di intervenire), loro che sono duri e puri, e hanno una parola sola. E infatti, dopo aver dichiarato all’universo mondo che avrebbero valorizzato solo risorse interne, dopo pochi giorni hanno chiamato alle Relazioni Esterne e in altri ruoli dei professionisti provenienti “da fuori”. Che altro c’è da dire?