Chi non ha mai partecipato direttamente o indirettamente a discorsi del tipo: “Questa gioventù è marcia fino in fondo al cuore, i giovani sono malvagi e pigri. Non saranno mai come i giovani di un tempo…I giovani di oggi non saranno mai capaci di conservare la nostra cultura” ?
Pensi, prima di alzare la mano, in particolare, a quando si è trovato in sala professori o in un collegio docenti o in un consiglio di classe, magari in contesti in cui il tema era internet con annessi e connessi (Facebook , YouTube, cellulari, giochi elettronici…).
Alzi la mano e dica la sua. Davvero non ha mai ascoltato e magari annuito a parole come queste?
Ora sappia che il breve testo, sopra riportato, è il capoverso di una lettera di un maestro babilonese di 4000 anni fa. Lo riproduciamo per ricordare innanzitutto che il cuore dell’uomo è della stessa fattura in ogni luogo ed in ogni tempo: ha bisogno di verificare la risposta alle sue esigenze e lo può fare solo riconoscendo e rinnovando criticamente la tradizione, pur nel conflitto tra “generazioni”. In secondo luogo lo citiamo per denunciare certe posizioni preconcette e contrapposte nei confronti delle nuove tecnologie dell’ apprendimento, della comunicazione e del divertimento: il rifiuto o l’accondiscendenza acritica; la condanna o l’idolatria euforica e lassista; l’indifferenza o l’osanna indiscriminato su tutto ciò che è mass-mediale.
Non il lamento. Né lo scandalo. E neppure il senso di frustrazione davanti alla fatica di imparare ad usare vecchi e nuovi mass media. Tantomeno il complesso di inferiorità nei confronti dei nostri alunni che sembra che sappiano utilizzare qualsiasi tecnologia molto meglio di noi sia a livello fruitivo che produttivo. La multimedialità ed ipertestualità non sono mitiche fonti di un sapere facile e automatico, soluzione miracolosa di tutti i problemi didattici. Ma neppure i nemici della conoscenza e dei rapporti. Sono semplicemente strumenti e fattori del clima culturale, economico, sociale… che interrogano i veri professionisti dell’insegnamento-apprendimento stimolandoli al lavoro e alla riflessione critica sul proprio lavoro e quindi sulla relazione educativa, l’elaborazione didattica, le operazioni di apprendimento.
E’ un dato di fatto quotidiano socialmente rilevante: la connettività veloce ad Internet, la diffusione a tappeto degli strumenti tecnologici per le riprese audio/video a basso costo, la popolarità dei servizi web gratuiti, quali Face Book e YouTube per la condivisione di contenuti multimediali, l’abitudine alla comunicazione veloce delle informazioni, sia essa via SMS, via e-mail o via web, fanno parte del panorama e dell’atmosfera in cui ci muoviamo noi e i nostri alunni.
Prenderne atto in modo responsabile, critico e creativo, da docenti, significa decidere di imparare ed insegnare da professionisti dell’educazione.
Imparare ad amare il vero e comunicarlo anche attraverso i media. Insegnare ovvero condividere e produrre segni perché bambini, ragazzi e giovani sappiano usare la testa e non solo “smanettare”, sappiano impegnare se stessi e non solo farsi portare qua e là sulle scialuppe occasionali della navigazione virtuale, desiderino restare protagonisti, liberi e forti scegliendo il vero, il bello e il buono.
Testimoniando ed offrendo una compagnia autorevole, insegnare, soprattutto, a non rimanere soli, a non confondere il reale con il virtuale, a non scambiare il duraturo con l’effimero; promuovere la cosiddetta “media literacy” nella consapevolezza che l’istruzione non riguarda solo il leggere, scrivere e far di conto, ma anche tutte le forme di comunicazione (dalla televisione ai cartelloni pubblicitari, dal cinema a Internet, dai cellulare agli ipod).
Alzi la mano chi ancora non si è accorto che i media occupano nella vita dei bambini e degli adolescenti una larga fetta della giornata; che ovattano l’anima e il corpo , cullano la concezione dell’uomo e del legame con la realtà, addormentano la ragione dopo averla eccitata con le droghe del tecnicismo e dello scientismo. Alzi la mano e dica la suasapendo che un ragazzopassa circa mille ore in un anno, in media, davanti al televisore, ad ascoltare musica o a navigare in Internet, a inviare messaggini e parlare al cellulare.
Scandalizzarci? Rassegnarci? Rimpiangere i bei tempi antichi? Chiuderci nella roccaforte del rigore delle nozioni da secoli trasmesse con carta e penna?
No. Mettiamoci a lavorare, nella consapevolezza che è possibile educare istruendo anche con i media , che è urgente aiutare nostri alunni a vivere e ad apprendere nell’era digitale le materie-discipline, punti di vista che la tradizione ci consegna. Facciamo apprendere da uomini, cioè con la ragione spalancata, senza mai rinunciare alla propria umanità, al desiderio di conoscere e di verificare il senso delle cose, a pensarsi e muoversi sempre nella consapevolezza di essere in rapporto con uomini in carne ed ossa, a cui è bello reciprocamente appartenere.
E’ possibile ed urgente, come documenta il n° 17 dei Quaderni di Libertà di educazione in uscita in questi giorni.
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