Violenza mediatica. Due parole per esprimere bene un concetto. Andrea Agnelli non va certo per il sottile quando parla dell’accanimento dei media nei confronti di Krasic, reo di essersi lasciato cadere in area. L’angelo biondo è stato additato da tutti come un piccolo diavolo, un giocatore scorretto. Strano modo questo di ragionare, se non altro perché siamo in presenza di un primo errore e per il momento il cosiddetto reato non è stato reiterato. Forse sarebbe bastato un briciolo di comprensione.
La squalifica ci può stare (bisogna rivedere il regolamento perché due giornate sono comunque eccessive), non le accuse lanciate a destra e a sinistra per il colpire il serbo. Il presidente della Vecchia Signora ha capito che era arrivato il momento di alzare la voce e di posizionarsi sulla stessa linea dei tifosi bianconeri. La questione vera, sottolineata anche da Andrea Agnelli, è che questa Juventus incomincia a fare paura. Non ci sono altre spiegazioni.
La prova televisiva ha condannato Krasic, ma quanti sono i giocatori che ogni domenica accentuano una caduta? Cambia qualcosa se questo avviene in area o se invece si verifica al centro del campo? Quanti sono i difensori che ogni settimana finiscono nella trappola dei simulatori? Il calcio è anche questo. Molte volte l’intervento scomposto del giocatore in chiusura (in questo caso Portanova) dovrebbe essere evitato, questo perlomeno è quanto insegnano in una normale scuola calcio. Krasic ha sbagliato, ma nella velocità della giocata era ipotizzabile un contatto.
Altrettante giornate di squalifica vanno date all’arbitro De Marco e al suo assistente: una loro svista toglie di scena un possibile protagonista della sfida contro il Milan. Cosa poteva fare l’arbitro? Chiedere, viste le reazioni dei felsinei, lumi al centrocampista serbo. Fantascienza? No, semplicemente collaborazione. Solo se Krasic avesse confermato all’arbitro di aver ricevuto il fallo, avrebbe potuto essere accusato di mancanza di correttezza.